Sicilia, my love Commedia in Siciliano
S I C I L I A, M Y L O V E
di
Enzo Randazzo
(All’apertura del sipario: in fondo al boccascena, in prospettiva, un cortile, con un arco aperto, un gelsomino ed una fagiolara fioriti, un pergolato, una porta ed una finestra. Scena multipla, divisa da un tramezzo. Sul lato sinistro del boccascena una sala d’attesa: una scrivania con telefono, per la segretaria, appoggiata alla parete centrale; una scritta alla parete: SI PREGA ANCHE GLI ESENTI TICKET DI DARE ALLA SEGRETARIA LA MANCIA OBBLIGATORIA; altra scritta: LE SEDIE NON SONO PER SPENNARLE O PER LA PENNICHELLA; un salotto con poltrone, in fondo, una fila di sedie, di fronte alla segretaria; altra scritta: QUESTO DENTISTA NON PRESCRIVE BIOCHETASI E CITROSODINA; alle spalle un armadietto di medicine e strumenti medici; altra scritta: NON SI FANNO CERTIFICATI FALSI. Sul lato destro del boccascena: accostata al tramezzo, una scrivania, con una sedia girevole, al centro un divisorio raccoglibile, per coprire un lettino visite; a destra una porta; sulla parete sinistra una grande carta geografica della Sicilia; in fondo alla scena, dietro il divisorio, un altro ingresso riservato ed un grande orologio.)
Luci basse. La dea Persefone entra dalla destra ed avanza sul proscenio (indossa un abito azzurro, lungo ed è ricoperta da numerose ghirlande di margherite bianche e gialle):
Riposi misa ncapu tri culonni
ti strincinu e t’annacanu tri mari,
d’oru e d’argentu su’ li tò Madonni
e l’autri Santi supra di l’Artari.
Custodi sunnu Iddi di li sonni
quannu lu solu trema e fa scantari.
Sicilia, terra di li beddi donni,
cu t’abbannnuna nun ti po' scurdari!
Goethe ( entra dalla sinistra ed avanza sul proscenio; indossa una tunica lunga, scarpine strette, calze lunghe tenute da un fiocco, un cappello a larghe falde)–
Persefone, conosci la terra dove fioriscono i limoni,
dove tra lo scuro fogliame splendono le arance d'oro,
un dolce vento spira dal cielo azzurro,
umile sta la mortella ed alto l’alloro?
Laggiù, laggiù, nella terra della luce
io vorrei con te, o mio amata, andare!
Conosci tu il monte e il suo sentiero tra le nuvole?
Il mulo cerca nella nebbia il suo cammino
in caverne abita l'antica stirpe dei draghi,
precipita la rupe, e sopra di essa il torrente.
Laggiù, nella terra del sole e della luce
va la nostra via! 0 amore, andiamo!
Persefone – O Goethe, a te che sei un poeta, un vate immortale quasi come Omero, spetta uno spicchio della terra del sole e degli dei. Qui Plutone mi rapì a Cerere. In queste valli Apollo custodisce il suo gregge. Tra questi boschi risuona il flauto di Pan. Ammira i colori di Sicilia: sembrano possedere una particolare magia che ci porta in un'epoca remota. Nelle spianate di luce e di rumore, tra fichidindia spinosi e cardi secchi, assopiti nei carrubi, indovini il sapore di antichi misteri, la vogliosa modernità, i sospiri delle passioni. Nelle radici che si infiltrano subdole nelle crepe, esplodendo di filamenti e di stami, il fiero baluginare di un spirito indomito e libertario.
Goethe - Verdi aiuole circondano piante esotiche; spalliere di limoni si inchinano formando graziosi pergolati. Alte pareti di oleandri, punteggiati da millefiori rossi, simili a garofani, attirano l'occhio... Le piante, sono di un verde a cui noi nordici non siamo abituati, ora più giallo ed ora più azzurro del nostro.
Persefone – La mia isola è una nuvola di rosa: un denso vapore vela ogni cosa. Perciò gli oggetti, distanti solo pochi passi, si differenziano per una tonalità più forte di celeste, mentre il loro autentico colore si attenua, offrendosi essi allo sguardo tutti soffusi di azzurro. Il mare chiaro e trasparente nei dolci declivi delle spiagge si fa scuro e fantasioso nelle scogliere alte, a strapiombo. Le onde azzurro - intenso all'orizzonte, verso Nord, i loro sforzi per penetrare nelle insenature della baia; persino il caratteristico odore del mare denso di vapori, tutto richiama ai miei sensi e alla mia memoria l'isola felice dei Feaci .
Goethe - L'immagine di questo giardino meraviglioso si incunea nel mio cuore. Il lentisco ammantato di fiori gialli non lascia vedere neppure una foglia verde. Il biancospino è tutto un bianco splendore. Gli aloe svettano verso l'alto e già portano fiori. E ancora, ricchi tappeti di trifoglio rosso amaranto, l'ophrys, la rosellina delle Alpi, giacinti con le campanelle chiuse, borragine, aliacee, asfodeli... Quanto la natura ami i colori si può ammirarlo qui, dove si è divertita con la pietra di un blu grigio quasi nero, ricoperta da un muschio giallo, e su cui cresce lussureggiante un bel sedum rosso, ed altri bei fiori violetti, con una scrupolosa coltivazione nelle piantagioni di cactus e di viti.
Persefone – Io sono la forza della Primavera e della vita, ma, a tratti, nelle ventate ricche di sale, mi afferra la piacevole sensazione del mal di mare della Storia e mi avvolge come un immenso mantello in un dinamismo rotatorio: quanto vani gli sforzi dell'uomo per resistere alla potenza della natura e al traditore, violento incalzare del tempo! I Cartaginesi i Greci, i Romani, e tanti popoli che si sono susseguiti hanno creato e distrutto. Selinunte è stata metodicamente abbattuta. Se, per abbattere i templi di Girgenti non sono bastati due millenni di saccheggi ed ingorde speculazioni, sono bastate poche ore, forse minuti, per distruggere Catania, Messina, Montevago, Gibellina.
Goethe – Tra questo meraviglioso giardino scorre l’eterno fiume del divenire di Eraclito, ma io non mi lascio influenzare dal caldo che si fredda e dall’umido che si secca sulle onde della vita. Sono felicissimo di possedere nell'anima, intera e nitida, una grandiosa, bella e incomparabile immagine della Sicilia. L'Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave del suo essere la più civile nazione del Mediterraneo e del suo attuale divenire una certezza, un riferimento per la tolleranza tra ideologie e religioni e la pace tra i popoli del mondo: dall’invenzione degli specchi ustori di Archimede alle testimonianze poetiche della scuola siciliana, dalla rivoluzione astronomica di Alfonso Borelli agli studi psichiatrici di Pietro Pisani, dall’umorismo teatrale di Luigi Pirandello alla genialità atomica di Ettore Majorana e di Antonino Zichichi ed alle capacità terapeutiche di Ippocrate Cagliostro. Se interroghi i templi di Agrigento o di Selinunte, la loro immobilità assorta e silenziosa ha più peso e significato di tante chiacchiere di Brambilla schizzinosi e salottieri.
(Persefone e Goethe escono di scena; la scena viene illuminata ed appare uno studio medico-dentistico).
Dr. Ipppocrate Cagliostro (ad alta voce, verso la porta) - Rosina, scendi dall'Olimpo e fai accomodare il primo, che è già tardi...
Rosina - (Entra Rosina, segretaria del dr. Ippocrate Cagliostro. Bionda, alta 1,70, snella. I capelli raccolti in treccine, con fiordalisi sparsi. Indossa una minigonna cortissima. Si muove e parla a rallentatore. Dalla soglia): - Veramente, la prima c’è la signora Brasidda Savitteri, che è appiantonata qui da stamani alla sei e mezza... Pare abbia un terribile mal di denti... Avi la vucca uncia! -
Dr. Ippocrate Cagliostro - Non potrebbe andare da qualche altro dentista? Non ho neanche l’anestesia per le estrazioni!... Le debbo tirare il dente a vivo?.....
Sig.ra Biagina Savitteri ( Spintonando la segretaria, irrompe una signora cinquantenne, vestita di nero, con la guancia destra gonfia ) - E lei mi vorrebbe mandare da quel macellaio del Dr. Stipisi? Ma non le piange un poco il cuore? ( Piagnucola e si avvicina ). Quello, l’altro giorno, quando l’ha sostituita, mi doveva ascoltare il cuore con il periscopio e mi ha fatto venire le palpitazioni al seno. A me che da vent’anni tengo da lei il libretto mio e della mia famiglia.... A me, questo tradimento!...
Dr. Ippocrate Cagliostro (si alza; le va incontro) Suvvia, non faccia queste malinconie, Biagina Savitteri. Che tradimento va dicendo? (con aria preoccupata) - Io non mi sentirei mai di tradire una cliente.- (Sfregandosi le mani, saltella, si avvicina alla sig.ra Biagina Savitteri, le dà un buffetto sulla guancia sinistra, indi un pizzicotto affettuoso su quella destra).
Sig.ra Biagina Savitteri (impennandosi sulle punta delle dita) - Ahi! ahi! Muoio! Muoio, muoio, muoio... (fa il giro della stanza saltellando) Che? me lo vuol tirare con le dita, dottò? Ahi, ahi, ahi! Mi ha fatto sentire una fitta che quella di stanotte, al confronto, mi sembra leggera come noccioline.... Mi stava scunucchiannu mezza facci!...
Dr.Ippocrate Cagliostro (affettuoso, le mette un braccio sulla spalla) – Nun c'è bisognu chi si sgargiarina accussì! Non faccia tristezze come i bambini... Volevo tastare solo se il dente era vivo...
Sig.ra Biagina Savitteri (riprendendosi) - Vivo, vivo è, dottore... Allora, che fa? Me lo può riparare? (con tono supplichevole) Mi livassi sta spina, pi fauri.
(Da una porticina interna, sul lato destro, si affaccia una signora, trentenne, bruna, vestita elegantemente) Bastiana, baronessa della Ristuccia - Ippocrate, io uscirei cinque minutini per andare a fare qualche spesuccia ...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Oh, la mia principessa si è levata di buon ora stamattina. (estrae l’orologio dal taschino) Le otto e mezza! E c’a’ ghiri a metiri l’acquazzina?
Bastiana, baronessa della Ristuccia - Oh, niente di particolare ... andrei a fare alcune visitine e poi magari passerei al centro a comprare alcune cose indispensabili...
Dr. Ippocrate Cagliostro - E a salassarmi il conto corrente! Quannu l’arvuli sciuriscinu, tu mi mpazzisci! Scippunia, scippunia! Ma ricordati chi lu cchiù beddu ornamentu di ‘na fimmina è lu russuri!
Bastiana, baronessa della Ristuccia - (girandogli intorno e sfiorandolo con le dita) - Salassarti! Piluccarti?! Buscacchiare?!? Il solito esagerato! Stai tranquillo che io non folleggerei mai con i tuoi risparmi! (mentre guadagna l’uscita). Sono una moglie onesta, un tesoro che dura!
Dr Ippocrate Cagliostro - Ma si nun haiu cchiù sangu nti sti vini!
Bastiana – Per forza! Sperperi un patrimonio per le tue follie sicilianiste!
Ippocrate Cagliostro – Non mi toccare la mia Sicilia! Fai quel che ti pare, ma non mi toccare la mia Sicilia! (tornando a rivolgersi alla signora Biagina Savitteri) - Dov’eravamo giunti? Ah, ecco ... le consigliavo di andare dal dottor Stipisi perché lui, ci ha i ferri più adatti per questo lavoro... (con tono confidenziale) Io, anche se volessi, non glielo potrei otturare... Mi mancano gli attrezzi adatti alle opere di restauro...(con tono scherzoso) Sig.ra Biagina Savitteri, io so fare solo demolizioni...
Sig.ra Biagina Savitteri (rivolta a Rosina) - Demonizioni? E chi c’entranu li demoni ‘sta matina? Si m’avia a livari ‘nacchi fattura, chi vinia a ‘nquitari a lei dutturi? A chist’ura era nni patri Matteu che si nni ‘ntenni di tussi e catarru...o pigghiava nna lattera ci mittia un ovo friscu e mi ci nfilava la testa
Rosina - (con voce biascicata) – Ma Gna Brasidda! Cosa ha mai strantisu? Il dottore le voleva dire che lui, il dente, glielo può solo tirare...
Dr Ippocrate Cagliostro - (Leggermente spazientito) - Estrarre, Rosina... Si dice estrarre! (La sig.ra lo guarda con l’aria di chi non capisce) ‘Nsumma scippari... - (con tono minaccioso) con pinze e tenaglie...
Sig.ra Biagina Savitteri - (illuminandosi) - Ah, perfetto! Ho capito perfettamente. ... Eni comu quannu lu mariteddu meu veni di ‘ncampagna chi ci appizzau nna spina nni lu itu di lu pedi e voli chi ci la scippu... E mi dici: Brasidda! Biaginedda mea, scippami ‘sta spinazza! E iò ci la tiru. E iduu ci senti un piaciri! 'Nna suddisfazioni! Dutturi s’allistissi...! Mi scippassi sta spinazza chi mi sta pirciannu lu sensu... mi sta pirciannu! Prima chi mi stinnicchiu –
Dr. Ippocrate Cagliostro - (rassegnato) - E va bene, come vuole - (si alza, apre le braccia e in tono solenne, con gli occhi al cielo) - Fiat voluntas Brasiddae! Si accomodi su quella sedia, signora e tu, Rosina, prepara i ferri del mestiere necessari all’intervento...
Rosina - (perplessa, tira fuori dall’armadio un trapano black - decker, un seghetto e un lungo coltello da macellaio; poi trova un ago a doppia cruna per cucire e, incerta, indugia) - Devo prendere anche l’ago per puntiari la guancia dopo l’intervento, dottore...?
Dr. Ippocrate Cagliostro (spazientito) - Ma chi mi metti firrizzi, nmezzu li pedi? Che devi fare con questo trapano, con questo coltellaccio e con l’ago? Dobbiamo fare una semplice estrazione...! Prendi la pinza chirurgica, le tenaglie, i bisturi, il divaricatore, l’agghiacciadenti e... in un minuto abbiamo finito.
Rosina - L’agghiacciadenti? Non c’è ghiaccio in frigorifero...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Lo spray agghiacciadenti, Rosina! Ecco, perfetto, quello che hai in mano (si avvia verso la poltrona, prende lo spray e lo spruzza, indi batte con le dita sulla guancia destra. La signora Biagina Savitteri sussulta ed emette gridolini) - Fa male?... Si fa male ancora... Rosina dammi un altro po’ di spray...(da dietro il divisorio si vedono i piedi della sig.ra Biagina Savitteri che scalcia) - Ecco, ora dovrebbe essere sufficientemente ghiacciato... Rosina, passami pinza e tenaglie. - (Attraverso il divisorio si intravede l’ombra del dottor Cagliostro che cerca di estrarre il dente) – Accidenti comu sciddica stu denti!... tenga la testa ferma signora Biagina Savitteri! Rosina, il divaricatore! (La signora Biagina Savitteri continua a lamentarsi, ogni tanto si solleva e si riabbassa) - Ecco, cavato! (Il Dr. Cagliostro esce dal séparé mostrando un dente con la pinza, lo avvicina alla luce della lampada; lo guarda perplesso) - Corona e colletto intatti! Neppure una traccia di carie nella radice. (a bassa voce, rivolto al pubblico) - Non avrò mica sbagliato dente? - (ad alta voce) - Signora Biagina, come va? passato il dolore?
Sig.ra Biagina Savitteri (mentre si ricompone) - E cumu av’a ghiri? Mi sentu la vucca e ‘sta mascidda scunucchiati...! - (si tocca la guancia) - Certu, dda furia chi ci avia eni mezza alliggiruta... ma puru la testa mi sentu mezza alliggiruta... e poi sangu... lu sangazzu mi nesci ancora a violinu!...
Dr. Ippocrate Cagliostro (avvicinandosi e guardando dentro la bocca) - Non si preoccupi! Sangu foddi eni chissu! Si tratta solo di un piccolo flusso emorragico; prego, sciacqui e si sputi! (Cerca un flacone di aceto) Ci facissi du’ sguazzetti d’acitu ogni du uri chi ci sana precisu...
Sig.ra Biagina Savitteri – (contorcendosi) – Dutturi mi dassi du’ pinnulicchi giusti, comu contornu, chi mi carma ‘sta fitta! Tipu chisti chi mi detti lu farmacista l’autru aieri. (tira fuori alcune supposte) Chi m’av’a fari st’acitazzu?
Dr. Ippocrate Cagliostro – (sbalordito) Gna Brasidda, ma chi si pigghia li supposti pi pinnuli?! ass ‘a stari sti vileni! L’acitu di puma frischi o di vinu è miraculusu: li Samurai si lu vivianu tri voti lu iornu pi acqua. Si lo po’ pigghiari contru li ‘nfiammazioni, lu raffridduri, l’artriti, li caddi di li pedi, lu cori, li crampi nti li gammi...
Sig.ra Biagina Savitteri – Miscata! E iò chi l’aiu sparagnatu nti la ‘nzalata!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ascolti me ... (con tono confidenziale) L’aceto contiene la pectina, batteri ed enzimi miracolosi. Lei, mescoli un cucchiaio di aceto con uno di miele d’arancia di Ribera e beva mezz’ora prima dei pasti o lo sciolga nel brodo di pollo, vedrà che non solo le guarisce la bocca, ma digirisci megghiu e ci ‘nforzanu puru li capiddi...
(Mentre accompagna la signora Biagina Savitteri alla porta, rivolto alla segretaria) - Rosina, dai che puoi fare accomodare un’altra.
Rosina (mentre la signora Biagina Savitteri si avvia verso l’uscita) - Un altro, dottore. C’è un rappresentante di medicinali nuovo, impalato davanti la porta da ore...
Sig.ra Biagina Savitteri (sull’uscio) - Buongiorno, dottore. La saluto... mi nni vaiu!
Dr. Ippocrate Cagliostro (celiando) - Vero? Ma no...non mi dica... S’assittassi n’atr’anticchia chi ora calamu la pasta! - (La signora Biagina Savitteri accenna a tornare indietro, ma viene scoraggiata da uno sguardo bruciante del dottor Cagliostro) - Rosina, fai entrare questo propagandista...ma che sia una cosa svelta...!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (Entra un giovane alto e magrissimo. Occhiali spessi e sottili. Abito nero. Camicia e foulard verdi. Cravatta nera. Scarpe da ginnastica. Calzini rosso vivo.) - Posso?... Tocca a me, nè?
Dr. Ippocrate Cagliostro - Prego s’accomodi... Non indugi ulteriormente.
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (Tiene nella mano destra una valigietta, porge al dottore la sinistra, passandola sopra la scrivania. Il dottore, d’istinto, risponde porgendo la destra, indi la sinistra, poi ancora la destra) - Molto lieto, sono il nuovo propagandista della Sanifera medicinali...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Ah, un neofita del mestiere! Prego, s’accomodi (mentre si siede) - La Sanifera! Dunque lei subentra al defunto dr. Cipollina... È pure di Favara? Questo lutto stretto è per la sua morte?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (disinvolto) - No, ma quale Favara! Io son della Padania. Si sente, né? Io... vengo da Milano e non ho nessun legame di parentela con il povero dr. Cipollina.
Dr. Ippocrate Cagliostro - Ah, capisco! Lei viene dalla regione babba che, negli ultimi anni, all’improvviso spirtiu! - E mi dica... quale setta vi manda in giro vestiti a lutto, comu aciddazzi di malaguriu? -
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (con tono risentito) - Io appartengo alla Comunità Politico - religiosa dei Leghisti Antiscalognati... Se lei m’avesse guardato attentamente, non le sarebbe sfuggito il mio classico nero innestato su camicia e foulard verdi, scarpe sportive e bianche... tramite gli spezzatissimi calzini rosso porporini... il tutto armonicamente...
Ippocrate Cagliostro - E me la chiama armonia, lei, vestirsi come un pappagallo brasiliano emigrato al Polo Nord? Piuttosto … a cu apparteni? Chi eni figghiu di N.N.?
Dr.Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (scattando) - Dottore, la prego, io discendo da una famiglia nobile e importante. Mi chiamo (si alza di nuovo per porgergli la mano) Ninì dei...(si ripete la confusione destra-sinistra) - Svaci...svitrina..... No, no... mi scusi... dei Svaci...svi... terari...ertorrito... No, no... mi scusi... (sbianca in viso, suda, estrae il suo biglietto da visita e legge) dei Svacisviterarissire...var satta... No, no, ma, che dico?..... abbia pazienza dottore...(riprendendo fiato) - Svaci...no ero giunto a...ssirevormani... (si siede spossato) ecco... ce l’ho fatta...
Dr. Ippocrate Cagliostro (stralunato) - Ho capito. Lei ha tutta la mia comprensione. Ha un cognome simile a quello della buon’anima della mia prima moglie... pensi che si chiamava Notratatancutancantratanca … tantenzo ci la sganga tanto…
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - Notratan... Natancu... Natran?... (verso il pubblico scatta adirato) Ma a mia cu mi cci porta? Nun m’abbastanu li gravizii di lu me cugnumu? - (Torna a rivolgersi verso Ippocrate Cagliostro) Dottore, non voglio sottrarle ancora tempo prezioso, come lei capisce io sono venuto per...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Giusto. Ben detto! Si vede che lei è un ragazzo perspicace! Ha un cervello così fertile che fra poco, in testa, le spuntano le carote! Andiamo subito al sodo... (Lo guarda negli occhi) Visto che è un leghista razzista, mi dica subito come ci chiamiamo...
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - (Rivolto al pubblico) Ma non glielo detto ora ora come mi chiamo? Mi vuole torturare un’altra volta? - (apre la valigia e comincia ad estrarne dei medicinali). Ecco, come le ho già accennato, le voglio far conoscere i medicinali Sanifera, una grande ditta della Padania... (Il dottore Ippocrate Cagliostro lo guarda perplesso) - Per esempio... ecco guardi queste supposte di Spassitrasi, oltre alla loro efficacia chimico - batteriologica, presentano il vantaggio della leggerezza: sono così impalpabili che...entrano senza sentirsi. - (Il dr. Ippocrate Cagliostro sghignazza) - Che fa sfotte dottore?
Dr. Ippocrate Cagliostro (frenandosi a stento) - Ma no, ma no!... io le ho detto di andare subito al sodo e lei, da buon polentone, comincia a farmi lezioni di Farmacoterapia!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - Oh, mi scusi!.. non intendevo urtare la sua suscettibilità terronesca!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Terronesco a me? Lei che puzza di patate e polenta? Ma lei ha la più pallida idea, in quale pezzo di Atlantide è venuto a lavorare? Capisce con chi sta parlando? Io fui Giuseppe Balsamo e sono Ippocrate Cagliostro, l’immortale, e vivo in questa terra immortale da quando faceva parte di Atlantide e gli Dei dell’Olimpo dividevano con noi il nettare e l’ambrosia... ma, considerato che lei è un leghista colonialista e razzista, dica... dica...! Non sia così timido e pudico... Mi evidenzi questi vantaggi...vada al sodo, che agli esperimenti ci basto io.
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (Sempre più confuso ed esitante) - Ecco, come le dicevo... (si asciuga il sudore con il fazzoletto) la Sa... Sa... Sa...ni...ni...ni... fe...fe... fe...
Dr. Ippocrate Cagliostro - (sbuffando) - E ora che si rimette a farfugliare?.. Di questo passo al sodo ci arriviamo che è già notte! -(si alza, apre la valigetta e incomincia a rovistare) - Ecco, vediamo subito quali sono i vantaggi industriali o monetari che mi manda la Sanifera...
Dr.Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (lo asseconda servizievole) - Ma che fa, dottore? Si mette a cercare lei i farmaci? Aspetti che almeno lo aiuto io... né!
Dr. Ippocrate Cagliostro - ...Oh - (nervoso, butta fuori della valigetta i farmaci, vi sbircia dentro) Niente... né biglietti d’aereo per le Haway, né biglietti d’altro genere... (rovescia sottosopra la valigetta) Che siano nascosti nel doppio fondo?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - ... Ma... ma... ma... co... co... sa fatto, nè?
Dr. Ippocrate Cagliostro - Cerco vantaggi... caro il mio pubblicista i vantaggi per il sottoscritto Ippocrate Cagliostro. In ogni cosa, se non c’è guadagno, è perdita sicura...!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - Per lei? Ma se è sano come un pesce! I vantaggi sono per gli ammalati... gra... gra...gra...
Dr.Ippocrate Cagliostro (ironico)... gracchianti come le rane! (con tono paternalistico - cattedratico) - Bravo, dr. Svacisvitardarissirevarmonti della Padania, ho capito che lei non ha capito proprio niente? Ma cosa vi insegnano all’Università? Aria fritta? O cavoli bolliti?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (risentito) Dottore, la prego... io ho studiato tre anni Marke... ke ke...
Dr. Ippocrate Cagliostro (schioccando le dita)... - e tinghete... (saltella schioccando le dita) e tinghete, tinghete tinghete alla Bocconi!! (si ferma serio e, in tono confidenziale) - Caro giovanotto, per guarire quegli ammalati gravissimi i prodotti della Sanifera devono essere prescritti da un medico sereno, felice e riposato, dopo un lungo soggiorno all’estero... magari con mia moglie (indugia)... con i miei figli... il tutto ovviamente a carico della Sanifera!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (disorientato e stralunato) - Ah?!... Ah!???... Ah?!!!!!!! Ah?!?!?!?!?!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Sa, giovanotto? La Sanifera organizza interessanti convegni - vacanza in Sud America ed in Africa ... se poi, in questo periodo, non ce ne sono in programma, potrebbero andare bene anche strumenti ed attrezzi d’ambulatorio: ... pinze ... armadi ... computer ... televisori di 16/9, a schermo piatto ... il propagandista della Chemiform, l’altro ieri, è passato e me ne voleva omaggiare uno di 38 pollici, con antenna parabolica ... insieme a delle stecche da biliardo da competizione!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - (rivolgendosi al pubblico) - E lu babbasunazzu di mia chi studiava di notti la chimica di li midicini!
Dr. Ippocrate Cagliostro (lo prende per un braccio e lo accompagna alla porta) - Ragazzo mio, mi dia retta. Torni dal suo direttore, nella Padania, e si faccia riempire la valigia per bene ... di cose utili! Cosi, in queste condizioni, è destinato a sprecare saliva ...
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (mentre esce) - Dr. Ippocrate Cagliostro, lei oggi mi ha dato una lezione di vita. Bruttissima... scioccante, ma, credo, utile. Arrivederci...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Arrivederci, va bene..... ma ritorni con il paniere pieno...!
Lucia (Biondina, occhi dolci, abbigliamento semplice, affacciandosi dalla porticina interna, gli si avvicina e lo abbraccia) - Ciao, papino! Scappo perché sono in ritardo per la lezione di Anatomia!
Dr Ippocrate Cagliostro - Sempre di corsa! Mai un momentino per il tuo papà!
Lucia - Non ti voglio disturbare nel tuo lavoro e non mi voglio fare mettere sul naso dal prof. Ridola. (Sporgendosi con il viso intravede Ninì, arrossisce e si turba) Ah, ... tu qui!?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Si qui ... passavo ...
Lucia – Non mi hai detto niente!
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Cerchiamo di essere prudenti..
Lucia (riprendendo il controllo) – Papà, ci vediamo a pranzo (esce di scena) ...
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ma voi, come vi conoscete?
(Lucia e Ninì dei Svacisvitevorissirevormatisi guardano imbarazzati. Nel frattempo irrompe la gna Cilintonia) - Duttù...iu ci fazzu perdiri sulu un minutu... m’avissi a scriviri du’ scatutli di ghizioni di rinforzu e tri barattuli di citrosodina... chi haiu un bruciuri nti stu stommacu …
Dr. Ippocrate Cagliostro - Ricette? (ad alta voce) - Tutti quelli che devono scrivere ricette non c’è bisogno che entrino. Datele a Rosina che ve li copia sulle ricette che le ho già firmato in bianco, così sgombriamo un po’ la sala... (sbircia fuori dalla porta) In quanto al bruciore, prima di mangiare, faccia sciogliere mezzo cucchiaino di argilla ventilata in un bicchiere d’acqua e se lo beva.
Gna Cilintonia – Mi la nsignau già l’autra vota. Aiu iutu a pigghiari fangu bonnu, di chiddu di li stazzuna, ma st’abbrusciuru l’haiu sempri nti la vucca di lo stommacu!
Dr. Ippocrate Cagliostro – E allora, mastichi una pallina di pane a digiuno ...ed ora se non c’è altro (spingendola verso l’uscita) ... Rosina, mentre copi le ricette, fai accomodare la signorina Filomena, chè stamane mi ha telefonato suo zio, Monsignor Ballisco, per farla visitare...
Gna Cilintonia – Veramenti, mentri chi ci sugnu, ci sarebbi …
Dr. Ippocrate Cagliostro (spazientito) – E che ci sarebbe ancora?
Gna Cilintonia – Eccu, me maritu Giurlannu Spardaquasetti avi aria nti lu stommaccu abbassatu: ogni sira, appena si sedi davanti lu televisuri, si metti a bummiari chi ci voli la mascara antigas… e iò mi ngardizzu tutta! Si prima nun finisci e nun s’ingatta, iò nun lu fazzu trasiri nti la cammara di lettu!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Gli prepari un infuso a base di acqua di mare, anice, finocchio e salvia...o gli dia un bicchiere di olio di ricino a digiuno che gli lava tutte le budella!
Gna Cilintonia – A me figghia Caterina ci puzza la lena e ogni picciottu chi si ci avvicina scappa mmeddiatamenti: rischia d’arristari appressu a mia!
Dr. Ippocrate Cagliostro (sempre più spazientito) – Le dia un infuso di foglie di menta, addolcito con un cucchiaino di miele e qualche mela grattugiata, mescolata con succo di limone e addolcita con un cucchiaino di zucchero.
Gna Cilintonia – A me figghia Ninfa ci veni lu scantu, la malincunia e, ogni tantu, ci pigghia lu virticchiu!
Dr. Ippocrate Cagliostro (irritato) – Ma che è un Ospedale la sua casa? Faccia bollire aglio, menta, tiglio e verbena e vi mischi un poco di genziana e gliene dia un bicchiere la sera ed uno la mattina. (accompagnandola fuori) E ci circassi subitu lu zitu, chi ci passanu subitu sti fisimi, st’angosci e sti malincunii!
Gna Cilintonia – E pi stu caddu nti lu itu mignulu di lu pedi? Mi mannassi nta un callista! Iò, pi nun sapiriu leggiri e scriviri, ci misi nna sulata di cipudda!
Dr.Ippocrate Cagliostro – Ssa tampasia ccchiù piccaredda e ci mittissi u’ spicchiu d’agghiu pistatu e ci sminizzassi nacchi foglia di giraniu; ‘mpastassi cu lu latti, ssa nfila lu pedi nta nna casetta di lana e, tempu deci iorna, e lu pedi ci arrimodda nna miravigghia!
Sig.na Filomena Ballisco (entra una ragazza diciottenne, bruna, alta, dai bei lineamenti, vestita con una gonna lunga e molto coperta. Voce morbida e carezzevole. Andatura sinuosa.) - Posso? Le rubo solo qualche attimo dottore, ma sto così male che non potevo fare a meno di venire...
Gna Cilintonia (uscendo) – Grazii, dutturi, vossia eni un maaru! Nna statua ci avissiru a fari a vossia...
Dr. Ippocrate Cagliostro (scrutandola attentamente) – Si puru li cannili m’avissiru a addumari! Prego, s’accomodi. Sieda pure. Lei ha tutto il tempo che vuole. (Si siede anche lui, tamburella con il tagliacarte) - Cos’è questo suo malessere? Mi dica tutto... dove le fa male?
Sig.na Filomena Ballisco - Tutto, tutto mi fa male, dottore! A volte, mentre cammino, mi salgono vampate improvvise di calore... o mentre sto sola a casa mi prendono brividi che mi sembra di trovarmi sulla neve e poi... un mal di testa continuo che mi fa impazzire...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Mal di testa ... e dove le duole il capo, con precisione?
Filomena (portandosi le mani sulle tempie) - Qui mi fa male dottore e poi... tutt’intorno: è come se un cerchio mi stringesse la testa...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Si accomodi sul lettino che adesso la visito...
Filomena (avviandosi dietro il séparé) - Qui dietro, dottore?... Che fa?... mi devo distendere?...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Si distenda,... si distenda pure... ma prima si spogli...
Filomena (seduta sul lettino) - Cosa, la camicetta...? la camicetta, la camicetta!?!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Certo... la camicetta... ovvio...e anche la gonna...
Filomena (mentre si spoglia) - La gonna? Anche la gonna...?!? la gonna, la gonna, la gonna?!?!?
Dr. Ippocrate Cagliostro - Si, certo anche la gonna... Come vuole che la visiti altrimenti... e la sottana se ce l’ha sotto...
Filomena - No, quella non c’è bisogno... non la porto mai, quando sento caldo...
Dr. Ippocrate Cagliostro ( entra, guarda e comincia la visita) - Bene, perfetto... così può andare... (Con le mani la palpa leggermente sulla pancia e va salendo) - Ecco, qui sembra tutto in ordine... non ci sono protuberanze né gonfiori...
Filomena (trattenendo a stento la risata) - Piano... Piano, dottore... che così mi solletico tutta...
Dr. Ippocrate Cagliostro (premendo sulle costole) - Ah, si?... Qui, le duole?...
Filomena - Un poco, dottore... però mi solletica!...
Dr. Ippocrate Cagliostro (continua a salire con la mano sinistra) - E qui le duole? O la solletico anche qui, per caso? (le infila al mano dietro sotto la schiena) - Ecco, si alzi leggermente che le slaccio il reggiseno, così posso palparle meglio lo sterno... (le slaccia il reggiseno e lo alza come un trofeo, quindi la lascia cadere sul lettino) - Ecco, se la tocco qui... le duole...?
Filomena (con voce languida) - No, anzi... provo una sensazione quasi piacevole... mi sento, però, come se fossi più debole, fiacca... anzi è come se mi sciogliessi... se mi liquefacessi... Oh, Dio! Non sarà, poi, una cosa così grave, dottore...?!?
Dr. Ippocrate Cagliostro (con tono professionale) - No, non si preoccupi! Nessun male grave... Direi, anzi, che le sue risposte alle mie stimolazioni manuali sono precise e puntuali e dimostrano che il suo organismo funziona ancora preciso come un orologio svizzero...
Filomena (con voce sempre più languida) - Oh, meno male! E io che mi ero quasi spaventata... in verità, non sento più quasi dolore alcuno. Lei è così bravo con le sue stimolazioni… ed i suoi manipoleggiamneti! Ma li fa a tutti..? Sempre?
Dr. Ippocrate Cagliostro - Non certamente a tutti... Solo quando ne vale la pena.. Ma, lei, signorina Filomena, nessuno l’ha mai stimolata con le mani?...
Filomena - Mai, mai nessuno, dottor Ippocrate Cagliostro. Prima di lei, andavo dal dottor Stipisi... Ma quello è vecchio e superficiale... Non m’ha mai fatto una visita così accurata e piacevole!
Dr. Ippocrate Cagliostro (mentre continua a palparla) - E con i giovanotti? ci sarà stato pure qualche giovinastro nella sua vita...
Filomena (scattando) - Giovanotti? Ma che dice dottore? I miei nonni, l’osso del collo m’avrebbero rotto se m’avessero visto con un giovanotto!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Davvero?... Capisco...Capisco... (Con tono solenne) - Alla luce di quanto mi dice occorre che la mia visita sia ancora più accurata. (Esce dal séparé per prendere un misuratore di pressione).
Geltrude (entra dalla porticina sbadigliando. Indossa un completo di jeans sfrangiati e rattoppati, ha i capelli multicolori, una striscia rossa sulla fronte ed il viso truccatissimo) - Che sonno! Non potevo spiccicarmi gli occhi stamattina!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Per forza! Sei rientrata dopo l’alba... dove sei stata fin così tardi? Con chi eri?
Geltrude - Così, in giro, a bighellonare. In questo paesaccio non c’è mai niente da fare! C’è una paranoia!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Se solo pensassi un poco a studiare, o ti appassionassi alla causa della nostra Sicilia, ti annoieresti di meno! Perché non prendi esempio da tua sorella Lucia?
Geltrude - Per favore, non cominciare a stonarmi la testa di prima mattina con le tue manie di sicilitudine! E non tirare in ballo quella stucchevole santarellina di Lucia! Lo so bene che è la tua figlia ideale!
(Un giovane extracomunitario, con il capo ricoperto da un turbante, una tunica dai colori sgargianti ed un serpente in mano entra dietro Geltrude, Ippocrate gli dà uno sguardo interrogativo)
Geltrude – Ehilà vecchio, cosa hai da sgranare gli occhi? mollami qualche centone che ci dobbiamo andare a fare un giro!
Dr. Ippocrate Cagliostro (sbiancando) – E chi ti pari chi c’è scrittu giocondo nti ‘sta facci? Centumila appena agghiorna? E poi picchi? Picchi tu t’a ghiri a fari u’ giru cu ‘stu fammullustru? Non se ne parla proprio! Non vedrai un centone finché non riprenderai a dare esami all’Università (apre il borsellino e tira fuori alcune monete da cento lire) Ecco... quattrocento ... cinquecento ... seicento ... lire per stamane ti possono bastare ...
Geltrude ( mentre si arrotola una sigaretta) – Vecchio, che mi vuoi fare l’elemosina? Neanche un caffè ci posso pagare ... né un pochettino di fumo scadente! Addivintasti ‘uvito mascariatu nti ‘nna vota?
Alì Salem – (puntando il dito minaccioso) – Tu cattivo! Tu padre senza cuore! Tu fare piangere dolce fanciulla senza motivo!
Dr. Ippocrate Cagliostro – E chi è? Parla chistu pi junta? (puntandogli il dito, che si incrocia con quello di Ali Salem e con sguardo di sfida) Vade retro Satana! Fuori dalla mia casa! (mugugna furioso) La dolce fanciulla ...! Te la do io la dolce fanciulla!
Alì Salem – (arretrando, ma sempre con il dito puntato) – Gli Spiriti del deserto ricadere su cuore malvagio! La pietra dura diventare sabbia nel vento del Sahara!
Geltrude – Bello Alì: questo testa di ... pietra liquefarsi e cominciare a funzionare! Vecchio rincoglionito, vuoi mollare i centoni ora o qualche milioncino per cauzione ed avvocato quando qualche falco mi becca a spacciare?
Dr. Ippocrate Cagliostro – (rassegnato estrae i centoni dal portafogli) – Però levati di davanti l’occhi e nun ti fari vidiri pi nna simanata ... e a la prossima arricogliti cu ‘u scimmiuni di nautru culuri!
Geltrude – (contando le trecentomila) – Sempri cchiù ‘uvitu mascariatu! Sempri cchiù vecchiu e taccagnu! Ma sul cambio di scimmione prendi una cantonata! Questo non è il solito ragazzo che cambio da un giorno all’altro. Il mio Alì Salem è un uomo vero, con tutti gli attributi ed io ne sono follemente innamorata ... anzi comincia a preparare la grana per il matrimonio!
Alì Salem – Io amare Geltrude! Geltrude mia luce! Mia oasi! Mio dattero da spolpare! Io avere attributi ... che a te ormai mancare ... tu cuore nero come pozzo di petrolio ...
(Escono di scena. Ippocrate, esterrefatto, inforca un monocolo, rientra) - Ecco, signorina, dov’eravamo arrivati? si alzi un poco il sederino... che dovrei far scivolare via i collant...
Filomena - I collant?
Dr. Ippocrate Cagliostro (deciso) - Si, i collant e anche gli slip... (vedendo che Filomena indugia) - Signorina Filomena, vuole che le passi o no questo mal di capo?
Filomena (preoccupata) - Oh, si! la prego dottore, non si adiri... faccia quello che vuole, ma mi alleggerisca questa testa... che non ne posso proprio più!
Dr. Ippocrate Cagliostro (le sfila delicatamente i collant, li alza e poi li lascia ricadere. Con solennità ironica) - E così si squarciò il velo di Maya! (torna a chinarsi, le sfila gli slip, li alza e li lascia ricadere) - E così fu aperta la porta di un’antica città dell’Asia Minore!
Filomena - Dottore, mi scusi... se questa è la porta, quale sarebbe il cavallo? Ci vuole sempre un cavalo per espugnare una città, anzi, ricordo che quella città fu espugnata con l’introduzione subdola di un cavallo.
Dr. Ippocrate Cagliostro - Lo vedrà! stia tranquilla... lo vedrà tra poco. (si china a scrutare il monocolo). Che pascolo intatto e meraviglioso! (riprende a palpare con la mano) Qui, le duole?
Filomena - Si, si tanto, dottore! mi sento come una corda che mi tira! E poi è strano... mi sento ancora più fiacca e morbida di poco fa, anzi è come se mi stesse scappando la pipì...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Non c’entra la pipì... cara signorina Filomena... Questa, diciamo così, è una reazione naturale sul suo organismo finalizzata a spianare la strada ad un eventuale cavallo...
Filomena - Dr. Ippocrate Cagliostro, che è un guaritore lei? Tutto quel mal di testa mi è passato completamente! Ma il dolore si è come spostato tutto in giù... proprio dove lei mi sta visitando ...
Dr. Ippocrate Cagliostro (palpando vicino all’inguine) - Qui? E cosa mai può essere che dalla testa scende, in un attimo, quaggiù?
Filomena - Come se nelle sue mani ci fosse una calamita, dottore! mi sento la testa leggera, leggera! Ma, ‘ca sutta nni la ncinaglia eni comu si ci avissi tutti li nervi ‘ncarvacati! Mi sento confusa come se vedessi l’arco di Noè!
Efesto, il dio del fuoco (irrompe nella stanza zoppicando: è vestito con abiti rattoppati, sporchi di fumo e di cenere, ricoperti da una pelle di pecora, una cresta di gallo in testa, ) - Dottore, ‘stu buzzuneddu ci lu lassu ccà o ci l’acchianu nti la so signura ? (si sentono i belati dell’agnello. Efesto lo esce da un sacco e accenna a slegarlo)
Dr. Ippocrate Cagliostro - E che ti sembra un pascolo la mia casa? Rimettilo nel sacco, prima che lasci qualche ricordino in ambulatorio...
Efesto - Dottore, non si agiti, la prego. Io ero venuto per augurarle le Buone Feste, anche a nome di mia moglie Afrodite che spesso ha avuto bisogno della sua assistenza e non mi sentivo di venire con le mani in mano...
Dr.Ippocrate Cagliostro - E te ne vieni con un capretto vivo? Hai scambiato quest’ambulatorio per un macello?
Efesto - No, dottore, per carità, non se la prenda! Chistu eni u’ buzzuneddu tenniru, tenniru, chi si mangia puru senza denti. E poi agli amici agnelli e capretti si regalano vivi... per riguardo... in segno di rispetto... sincerità...
Dr.Ippocrate Cagliostro (spazientito) - Efesto, ma che vai cianciando? Rispetto... sincerità...
Efesto - Certo, dottore. Sincerità. Perché, una volta scannato e scuoiato, lei saprebbe distinguere un agnello da un capretto?
Dr. Ippocrate Cagliostro – No. Ma che vuoi che mi importi! L’uno o l’altro per me pari sono...
Efesto - E un agnello da una volpe?
Dr. Ippocrate Cagliostro (disorientato) – No. Ma che c’entra?
Efesto - E un capretto da un cane?
Dr. Ippocrate Cagliostro - Ma... veramente... non saprei...
Efesto - Ma certo che no, dottore... Ascolti, si, lasci pregare da uno che se ne intende... quando si deve far regalare un capretto o un agnello se lo faccia regalare vivo e pensi lei stesso a farlo macellare e scuoiare sotto i suoi occhi...Pensi un po’ che spasso farle mangiare a Natale un cane per capretto e poi, magari, farglielo, sapere con una telefonata pomeridiana! (sghignazza)
Dr. Ippocrate Cagliostro (sbigottito e spaventato) - Ma io non ho mai fatto male, neanche a una mosca! Chi potrebbe volermene a tal punto?
Efesto (in tono confidenziale) - E’ proprio sicuro, dottore? Noi dei dall’Olimpo vediamo tutto e nulla ci sfugge. Ad esempio, non ha mai operato qualche intervento frettoloso e maldestro nella sua casa di Porto Palo, magari con gravi conseguenze sulla salute dei pazienti?
Dr, Ippocrate Cagliostro – Si … può essere capitato, ma sempre di casi umani si è trattato... Se prendevo soldi, servivano per l’associazione dei Siciliani nel Mondo!
Efesto - Si ma, intanto, un milione ad intervento se lo pappava..! e nel Concilo degli Dei si sussurra che lei si becca un pizzo del 50%, per ogni pensione d’invalidità che riesce a far dare...
Dr Ippocrate Cagliostro - Disgraziati... Disgraziati e infami!... anzi infami e canterini... Queste infamità le avrà messe in giro quel disgraziato del Presidente del Circolo, che, ottenute quelle dei genitori e dei suoceri, pretendeva pure la pensione per sé, che ha trent’anni e scoppia di salute!
Efesto - E lui questo lo ammette... Ma va blaterando che lei gliel’avrebbe fatta avere... a patto che gli avesse mandato la sua mogliettina in ambulatorio di pomeriggio.... quando non c’è nessuno!
Dr. Ippocrate Cagliostro (infuriandosi) - Mihi! Allora non è solo un canterino, ma pure cornuto e tragediatore! Se avessi voluto quella “racchia” di sua moglie non c’era bisogno di ricorrere a questi argomenti! (Allarga le braccia) Insinuazioni! Bassezze! (torna a guardarsi allo specchio e si riaggiusta il ciuffo) - La gentaglia di questo paesaccio ne ha inventato su di me di tutti i colori. Ma, stai tranquillo che viene per tutti il momento in cui gli infilo il dito nel sedere!
Efesto - Vede? Lo temevo che sarebbe diventato peggio di un cavallo imbizzarrito? Ora la lascio, vado a scannare questo capretto e glielo riporto scuoiato...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Cosa? No, no! Dopo tutte queste chiacchiere, lasciamelo vivo! Ci penso io a farlo scuoiare da mani fidate e magari davanti ai miei occhi...
Efesto (mortificato) - Come vuole lei, dottore. La saluto. Anzi a chi sugnu ccà, mi ci la dessi nna taliata a stu cravunchiu nti stu vrazzu chi mi suppurau e pari un carvuni addudamatu e nun mi voli sanari ... e macari mi scrivissi nacchi pumatedda.
Dr. Ippocrate Cagliostro (Sollevandogli la camicia) – Niente, questa è una crosticina da niente. Mmisca nta un bicchieri un cucchiaru d’ogghiu d’alivi virdi, mezzu d’ogghiu di pisci e nautru mezzu d’ogghiu di tumazzu di crapa e lu ci sparmi la matina e la sira chi ti ci tira stu fetu e sta frevi e t’arrimodda subitu ... Lu capisti? Beddu spertu ... (lo spinge verso l’uscita) Ora lassami travagghiari chi mi sta facennu perdiri nna matinata... e salutami a to mugghieri Afrodite.)
Efesto – Grazii dutturi. Buone Feste a lei e a tutta la sua famiglia. (Esce)
Dr. Ippocrate Cagliostro - Rosina, fai entrare il prossimo...
Rosina (mentre rientra) - Veramente c’è un tizio, al quale non farei aspettare il turno.
Dr. Ippocrate Cagliostro - Qui tutti rispettano il turno: la legge è uguale per tutti... pi li longhi e pi li curti! Ma, chi sarebbe, poi, questo tizio?
Rosina - Non lo so... non me l’ha voluto dire...
Dr. Ippocrate Cagliostro - E allora?... E’ arrivato da molto?
Rosina - Niente... meno di mezz’ora... Sta, lì, rincantucciato, in fondo alla sala...
Dr. Ippocrate Cagliostro - E dunque?
Rosina - Mi guarda! Ecco, da quando è entrato, mi fissa con i suoi occhi penetranti...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Ti fissa?.. Magari gli piace il nudo dipinto delle tue spalle...
Rosina - Non scherzi, dottore... mi fissa che mi vuole spogliare... e muove il baffo... a intervalli regolari.
Dr. Ippocrate Cagliostro - Come sarebbe a intervalli regolari?
Rosina - Ho cronometrato i movimenti! ogni trenta secondi fa: quick (cerca di mimare) - e sbilancia il baffo destro.... passano trenta secondi fa: quick e saltella il baffo sinistro. E procede così ritmicamente...
Dr. Ippocrate Cagliostro (che ha seguito i movimenti affascinato) - Ma, se sta zitto, come fai a sapere che vuole entrare?
Rosina - Appena è arrivato ha fissato questa porta... ha contratto i muscoli facciali (mimando) - ha stirato al massimo la pelle lustra delle guance, mentre arricciava il naso, assottigliava il mento e protendeva le labbra chiuse...
Dr. Ippocrate Cagliostro (che l’ha assecondata nella mimica) - ...insomma come un leprotto davanti a una macchia di rovi?
Rosina - .... non proprio... piuttosto come un cavallo al quale si infili una mosca nelle narici...
Dr. Ippocrate Cagliostro - ...Allora ha sbruffato?
Rosina - Sbruffare non direi...però s’è accigliata bruscamente la fronte nella direzione della porta...
Dr. Ippocrate Cagliostro - ... E tu?...
Rosina -.... Niente.... ho avuto una tale fifa che ho abbassato immediatamente lo sguardo e mi sono concentrata nella lettura dell’elenco telefonico...
Dr. Ippocrate Cagliostro - .... E lui?...
Rosina - .... Sbirciando con la coda dell’occhio ho notato che ha tirato le mani fuori dalle tasche, si è seduto e ha ripreso il movimento ritmato del baffo...
Dr. Ippocrate Cagliostro - Tutto qui?
Rosina -.... e le sembra poco? Io non ci resisto seduta sotto quegli occhi che mi scrutano come due spade taglienti...
Dr. Ippocrate Cagliostro - .... e sia! Fallo entrare e non se ne parli più! Però, scusati con gli altri clienti che stanno lì da due ore a fare il turno.
Rosina (apre la porta) - Lei.... lei...in fondo... proprio lei con il baffo... prego... si accomodi...
( Dalla porta entra lentamente un uomo, con le ali: vestito di velluto a coste; camicia azzurra; cravatta sgargiante, rossa e gialla; coppola inclinata verso sinistra; stivali lucidi; fazzoletto rosso nel taschino della giacca; cinturone di cuoio con una fibbia dorata; sciarpa di lana rossa, avvolta intorno al collo; un anello, con una grossa pietra rosa, nel medio della mano destra; una spilla sul bavero sinistro della giacca )
Dr. Ippocrate Cagliostro (si alza ed accenna a farglisi incontro) - Prego, si accomodi... signor?
Ermes (avanza con le mani a cinto e il petto in fuori) - ... Prego?....
Dr. Ippocrate Cagliostro - .... Dicevo.... signor?
Ermes (si siede e distende i piedi sulla scrivania) - .... il mio nome non ha importanza, ma gli amici mi chiamano Ermes ed i più intimi semplicemente Baffo, perciò se lei vorrà diventare amico mio, Ermes o Baffo mi può chiamare...
Dr. Ippocrate Cagliostro (osserva sbigottito le scarpe e, con una mano, sposta il suo ricettario) - Ermes?! Baffo?! Come vuole... Per me può andare bene anche Baffo, purchè non mi metta i piedi sulle ricette o sulle medicine.
Ermes - Deve ringraziarmi che non glieli ho messi ancora sulla faccia, perché questo meriterebbe...
Dr. Ippocrate Cagliostro (sorpreso) - Come si permette? Chi è lei per parlare di meritare?...
Ermes -....io sono il messaggero di Giove e degli dei, ma lei... s’accontenti di conoscermi per quello che vede... (esce dalla tasca un lungo coltello e incomincia a limarsi le unghia, poi glielo agita sotto gli occhi) - Lo vede questo temperino? (il dr. Ippocrate Cagliostro arretra) - Io preferisco usarlo come tagliaunghie. Ha la lama sottile e precisa, ma anche così lunga.... da trapassare una costola o recidere un’arteria....
Dr. Ippocrate Cagliostro (terrorizzato, cerca di darsi un contegno) - Orbene? Mi dica cosa posso fare per lei... Non sono un chirurgo, perciò non mi interessano le sue lame...
Ermes (taglia appunto un foglio di carta) - Potrebbero interessare alla sua lingua: nna bona cimata e finissiru li sò chiacchiri vacanti chi nni stonanu la testa nti l’Olimpu!
Dr. Ippocrate Cagliostro - Chiacchiere? Si forse ogni tanto... per creare opinione... per non perdere il mio potere contrattuale...
Ermes ( interrompendolo) - Lassa futtiri di sperimentari ‘ntricci! T’abbasta lu pattu chi facisti cu nautri Dei, quannu ti ficimu vinciri lu cuncursu comunali. Accuntentati, si nun ti vò mettiri la mascara!
Dr Ippocrate Cagliostro - E perché, non vi ho ripagato abbastanza? Quante volte, di notte, mi avete prelevato per portarmi sull’Olimpo, in cielo, sulle nuvole, a cucire qualche ferita? Di chiddi chi vi faciti murritiannu tra di vuatri! O a curare la bronchite di qualcuno che non poteva scendere sulla terra, in città?
Ermes (scattando) – Eccu, ti l’avia dittu chi straparli ammatula! - Pari nna zingara chi addimina la vintura Cu ti ci porta a mmiscariti nti lu pianu regulaturi, nti la sanatoria di casi abusivi e nti la spartuta di l’apparti? Queste cose lasciale decidere a noi Dei, sul Parnaso .
Dr. Ippocrate Cagliostro – Mischiarmi?! Diciamo che ho appena espresso qualche opinione!
Ermes – La lingua nun avi ossa, ma rumpi l’ossu. E la toa eni nna linguazza d’infernu, chi taglia, scusi e nun ti sicca mai di quannu agghiorna finu chi scura. (Avviandosi all’uscita) Ti conviene darle una regolata, se non la vuoi trovare su uno scannatoio...!
Dr. Ippocrate Cagliostro (reagendo) Mi minacci? Vorresti spaventare me che ho sfidato impavido l’Inquisizione, Hitler, Stalin e Pinochet? Che sono sopravvissuto alle galere di San Leo e ai fuochi del rogo?
Ermes – Agli Dei moderni non gliene frega niente di questi tuoi trascorsi. Oggi cu avi furmentu macina!
Ippocrate Cagliostro - (esterrefatto, mormora tra sé) – Gesù, Gesù, chi tempi! Non c’è più rispetto neanche per la Storia! E ora cosa posso fare? Qui solo mio suocero, che traffica sempre con gli Dei, mi può consigliare. Rosina, vedi se nel cortile c’è Mircioni, lu figliu di Anciluzza, chi l’haiu a mannari a fari un survizzeddu ...
(Mentre Rosina esce a chiamare il bambino, il Dr. Ippocrate Cagliostro si dirige dietro il divisorio) – Cara Filomena, mi ero quasi dimenticato di te! Dunque, dov’eravamo giunti?
Filomena – Ai nervi, dottore! Ma i nervi ora dall’inguine ... mi sono arrivati alla testa. Che mi è diventata di nuovo pesante e ... mi sto pure congelando tutta!
Dr. Ippocrate Cagliostro (stressato) – Mi dispiace, Filomena, ma è stata una mattinata movimentata. Non potresti tornare in un momento più tranquillo?
Filomena – (annoiata) E va bene torno, torno. Ma intanto, che mi prendo per questo mal di testa che mi è tornato?
Dr. Ippocrate Cagliostro – (pensa) Per il mal di testa ... purtroppo mi sono finiti gli ovetti vaginali ... ( si gratta il capo) ...ecco, arrivata a casa, prendi un quarto di chilo di patate, lo tagli a fettine, né troppo spesse né troppo sottili, le distendi contigue su un fazzoletto e te lo avvolgi stretto, stretto intorno alla fronte. Entro un’ora, al massimo, sarà tutto passato.
Mircioni (entrando affannato) – Dutturi, chi voli fattu nacchi survizu? Voli chi ci vaiu accattu un citrolueddu, un mazzu di lattuchi, du’ milincianeddi frischi d’acqua bona di San Giuvanni?
Dr. Ippocrate Cagliostro – Mircioni, m’avissi a ghiri a chiamari a me soggiru, la zu Sariddu Pedimansu … lu sai unni sta iddu, no? Nti lu vadduni di lu pisciaru! Fatti nna cursa, beddu spertu!
Mircioni – Sì, lu sacciu. Ci vaiu subitu (indugia nella stanza)
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ancora doccu ti movi? Sbrigati che ho fretta…
Mircioni (indugiando ancora) – Mi nni staiu iennu, duttù!
Dr. Ippocrate Cagliostro (illuminandosi) – Ah, lu capivu! Rosina, va taglia nna fedda di pani e cipudda e ci la duni a Mirciuneddu. … e tira puru quattro ficu di nni la vulera, chi s’abbagna lu pizzu, Mirciudeddu! (Melchiorre esce saltellando contento).
(cala il sipario).
ATTO II
(Stessa scena di fondo. Pavimento acciottolato; due sedili da giardino).
(Da fuori scena si ode una serenata. Entra il Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati, accompagnato da due suonatori; Lucia si affaccia alla finestra; i due suonatori escono di scena)
Lucia - Non credevo che tu venissi
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Ti dispiace se sono venuto a contemplare i tuoi occhi fini, la testolina bionda e il tuo dolce petto, tutto miele e manna, nè ?
Lucia (lusingata)– No. Mi fa molto piacere.
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Perché ti fa piacere, o mia ghirlanda?
Lucia - Così. Mi fa piacere.
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati ( con accanimento) - E perché? Per me ieri è stata una giornataccia vuota ed insignificante: non ti ho vista.
Lucia - Io ero alla finestra. Tu non sei passato.
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Sono passato alle cinque, nè.
Lucia - Alle cinque ero alla finestra. Quando tu sei passato, forse mi aveva chiamato la mamma un momento. Quando la città è più festosa e la folla più allegra, mi piace rifugiarmi in casa da sola. Penso alla campagna lontana, laggiù, fra i miei monti, dietro il mare azzurro. Penso ai sentieri verdeggianti, alle siepi odorose, alle allodole che brillano nel sole, alla canzone solitaria che sale dai campi, monotona e triste come un ricordo. Penso all’ora dolce del tramonto, quando l'ultimo raggio indora le nevi della montagna e il fumo si svolge dai casolari, e le campane degli armenti risuonano nella valle, e la campagna si nasconde lentamente nella notte. Penso a quell'ora calda di luglio, quando il sole inonda la pianura riarsa, e il cielo fosco di caldura sembra pesare sulla terra, e il grillo sulle stoppie canta la canzone dell'ora silenziosa. Penso alle notti profonde, alle lucciole innamorate, al coro dei vendemmiatori, al rumore lontano dei carri che sfilano nella pianura odorosa di fieno, ai cespugli immobili e neri come spettri nel raggio misterioso della luna...
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Anche a me piace fantasticare nelle lunghe notti d'inverno, spazzate dal vento e dagli acquazzoni, quando gli alberi gemono nel temporale e ci cantano fantastiche storie. Penso alla mia fanciullezza trascorsa in Sicilia, ai colli, ai valloni, penso ai sentieri, alla fontana, a quel cespuglio su cui muore il sole d'autunno ...
(Tacciono entrambi guardando il cielo.)
Lucia - Forse, ti secca essere qui solo con me. Vorresti andare a parlare con quelle mie amiche dell’altra sera, in discoteca?
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati - Quelle ragazze non mi interessano.
Lucia - Nessuna?
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Nessuna, nè.
Lucia - Non c'è proprio nessuna ragazza che ti piace?
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Sí... una. Ma non è fra quelle.
Lucia - E dov'è?
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- In questo cortile, nè.
Lucia - E tu le vuoi bene a quella, ragazza?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Molto, nè.
Lucia - E lei ti vuol bene?
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- Non so. Credo di sì.
Lucia ( incalzandolo) - E tu glielo hai detto che le vuoi bene?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati- No. Non glielo ho ancora detto.
Lucia - E quando glielo dirai?
(Ninì dei Svacisvitevorissirevormati non risponde. Lucia guarda sempre il cielo, ma Ninì dei Svacisvitevorissirevormati sente la mano di lei che trema.) Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Ma che fai, stai tremando? Che ti succede? Sei nervosa? Perché ti fai rossa come un peperone?
Lucia (quasi piangendo)- E diglielo poverina che la fai tanto soffrire!..
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (socchiudendo gli occhi, facendo uno sforzo enorme) - Glielo dico in questo momento …. (esita e torna a guardare intorno) ... luna piena, che giochi a nascondino fra le nuvole a spasso per il cielo, rosellina che ti pieghi e ti chiudi impaurita dal gelo, velluto di rugiada sullo stelo, fresca foglia verde di una viola, dove come un chicco di corallo dorme una coccinella, grillo che russi appisolato, sotto alberi dall'ombra trasparente, ape che dormi senza pensieri fra i fiori penzolanti, usignolo che diffondi il tuo canto, venticello visibile che incanti, cadenza sparsa in fondo alla strada, carrettiere che canti, mare che taci vestito d'argento, barca che dondoli col marinaio, fontana cristallina, stagno silenzioso, fiume corrente e chiaro, odoroso giardino impergolato ... suggeritemi le parole che non trovo ...
Lucia - Come? Che dici?
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (sbloccandosi improvvisamente) – Sei tu! Tu sei più bella della luna, più fresca della rugiada e più melodica del carrettiere!
Lucia – Io? Non è vero...... non ci posso credere! Aspettandoti, come barche di carta, messe in fila correvano leggeri e spensierati i miei sogni. La mia vita era una penna sgangherata e niente affanni! Le mie speranze, barche di carta, infradiciate, contrastavano con la forza del vento fino a riprendere a piovere e a giocare. Non voglio più navi, ormai, tra le voragini, sotto al mare, dove si spegne ogni ardore e si inabissano tutte le speranze di chi ama!
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (saltellando come un pazzo) – Sì, tu, proprio tu! Tu sei la mia rosa fresca ed aulentissima! Tu sei la mia carne! Tu sei il sangue mio! Tu sei il mio fiato!
Lucia – E tu sei la calamita del mio cuore, il mio diavolo venuto dall’inferno! vai a dormire adesso che mi scoppia il cuore! … vattene, matto che sei, prima che si svegli mio padre!
(Si abbassano le luci).
Geltrude (entra con Alì Salem, tenendolo per mano) - Già vuoi andartene? Non c’è cima del monte che il sole faccia rosseggiare; trema ancora la rugiada nei prati e il tuo amore mi distringe meravigliosamente e mi sovviene ad ogni ora. Era il gufo, poco fa, non il cardellino, quello che ti ha ferito l’orecchio inquieto: canta tutte le mattine tra la zagara inebriante degli aranci e dei limoni, laggiù. Credimi, amore, era il gufo. Puoi ancora stare.
Alì Salem – Amore te me fare infollire. Incarnata scendere la chiaria e Favignana spunta dal suo mare, un verdone volare e cinguettare e si alzare per salutare il sole, ma uno sparviero gli tagliare il volo e gli volere strappare le unghiette. Timido rincantucciarsi nel suo nido per tentare a mala pena di salvarsi. E non s’azzarda più ad affacciarsi e più non cantare. Quello che gorgheggia essere il cardellino, messaggero dell’alba, non il gufo,: guardare, amore, quelle maligne strisce come già frastagliare di chiarori i margini dei cirri fuggitivi che da Levante si sfare, nel mio cuore un dolore fare divampare. Tuo patraccio me fare ritirare permesso di soggiorno e ordinare ai suoi sgherri me tagliuzzare: io rientrare o madama me rinchiudere cella, o sgherri me fettinare. Io portare dipinta la tua immagine in mio cuore. Essere tutte consumate le stelle della notte e il giocondo mattino, sulla punta dei piedi, si affaccia alle cime di monte Genuardo dietro un velo leggero di brume. Ora, o andar via e vivere, o restare qui e soffrire prigione o rischiare di morire.
Geltrude - I fiorellini sonnacchiosi stanno ancora stretti stretti con le teste a penzoloni. Quella luce laggiù non è il chiarore del giorno: io lo so; è una stella cadente, esalata dal sole per farti da faro stanotte sulla via di Porto Palo. Dunque resta, amore, allenta le tue redini e i tuoi affanni dilettosi: non è ancora necessario andar via.
Alì Salem – O mio bel viso dallo sguardo soave, io dentro divampare d’amore. Quanto duro tacere e fuggire! Mi prendere pure; e mi mettere a morte. Io essere contento, se così tu volere. Me dire che quel barlume laggiù non essere l’occhio di Aurora, ma un pallido riflesso della fronte di Geltrude e che essere il gufo quello che, alto sul nostro capo, batte col suo trillo agli archivolti del cielo. Io avere più voglia di restare che fretta di andare. La tua disianza me togliere il cuore e tenere il mio corpo incatenato in suo potere. Tu venire ed essere la benvenuta, o morte. Geltrude così volere. Che esserci, anima mia? Noi seguitare a parlare: non essere ancora giorno.
Geltrude (cambiando bruscamente opinione) - Sì, è; è giorno. Fuggi, presto! Se qui ti trova mio padre! Vai via. Non è il gufo, quello che canta così stonato e sforzato. Dicono che il cardellino fa le sue partiture con struggenti divisioni; ma questo canto non è così, no, anche se divide noi l’uno dall’altra. Dicono altri che il cardellino e il rospo brutto si sono scambiati gli occhi. Oh, si fossero così scambiati anche le voci, perché questa armoniosa rapsodia ci stringe di gelo, ci strappa braccio da braccio e ti caccia lontano da me, dando la sveglia all’alba. Ora sì, va’.
Alì Salem - Luce, sempre più luce, intorno; buio, sempre più buio, nella nostra angoscia. Oh, io potere restare, come ladro nascosto, che nessuno vedere! Solo tuo amore mi tenere in desiderio e mi dare speranza di gioia. Io sono come il mare che morde la terra e si ritira.
Entra in scena Bastiana, baronessa della Ristuccia – Bambina mia! Viene qui tuo padre. E’ spuntato il giorno: sta’ in guardia, e occhio a tutto. (Esce
Geltrude - Allora tu, birichino sole di Sicilia, allontani l’amore dalla mia vita! Meglio una notte di pioggia e di nuvole e una grande luna per sognare!
Alì Salem - Addio, addio; ancora un bacio, e andare. (Esce di scena).
Geltrude - E così, sparisci, mio amore, mio signore, mio cucciddatu, amico mio! Voglio tue notizie per ognuno dei giorni contenuti in un’ora, ché ogni minuto è tanti giorni; oh, ma così avrò la pelle flaccida e raggrinzita, prima di rivedere il mio Alì Salem!
Alì Salem - Addio, me non perdere occasione per mandarti mio saluto, amore caro.
Geltrude - Oh! credi che noi ci sposeremo un giorno?
Alì Salem - Senza dubbio. E tutte le nostre spine d’ora fore allora per me una rosa da carezzare.
Geltrude - Signore Iddio, ho brutti presentimenti. Ti vedo ora che sei lì in basso, come uno zombi. 0 m’inganna la vista, o sei molto pallido.
Alì Salem – Tu mi credere, amore, anche tu ai miei occhi sembrare pallida. Il dolore, riarso di sete, si bevere tutto il nostro sangue. Adieu! Adieu! (Esce)
Geltrude - 0 Fortuna! O Fortuna! Ti sei votata tutta all’Onorevole Liccasarda! Ma tu sei mutevole e incostante. Che te ne fai di lui solo Sii incostante, o Fortuna, perché allora potrò sperare che mi restituirai Salem. (Esce di scena).
Scena III
(All’alzarsi delle luci entrano chiacchierando il Dr. Ippocrate Cagliostro, il suocero Sariddu Pedimansu e la suocera Maria l’Acedda, baronessa di la Ristuccia)
Sariddu – La questione con quelli dell’Olimpo te l’ho chiarita e sistemata in modo definitivo: basta che non ti metti in testa di fargli concorrenza nel decidere della vita e della morte dei tuoi pazienti e ti lasciano tranquillo.
Dr Ippocrate Cagliostro – Grazie, papino. Non so come farei senza di lei!
Sariddu – Trovassi a nautru merlu a cui stunari la testa! Ma visto che siamo qui, non potresti fare una visita a tua suocera, che non la posso sentire più lamentarsi tutta il giorno?
Maria l’Acedda – Niente, lascia stare! Avere un genero dottore, luminario della scienza, e non averlo per noi è la stessa cosa! Per me non trova mai tempo... neanche per controllare se ho la pressione bassa alta e la normale giusta …
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ma se gliela controllo tutte le domeniche e le feste comandate, ogni volta prima di metterci a tavola! Ma, lei, poi che si sente?
Maria l’Acedda (guardandosi intorno) – Lei? Lei, chi?
Dr. Ippocrate Cagliostro (farfugliando) – Lei … lei … voi, insomma …
Maria l’Acedda – Voi? E iddu chi c’entra?
Dr. Ippocrate Cagliostro – No, dicevo, voi … lei … insomma tu …
Maria l’Acedda – Tu!? A mia?! E chi jemu a la schola ‘nsemmula? (Sprezzante) Talè, va ‘nsignati a parlari, si vo’ discurriri cu mia!
Dr. Ippocrate Cagliostro (contorcendosi le mani) - Mammina, baronessa, voi, dicevo, come vi sentite?
Maria l’Acedda (sorridente e soddisfatta) – Ecco, così va meglio, figlio mio. A me mi chiamano l’Acedda per parte di mio padre, ma, per il lato di mia madre, nobile sono: mia nonna era baronessa della Ristuccia!
Sariddu (spazientito) – E va bene! Lo sappiamo tutti che hai sangue blu nelle vene! Ma ora digli a nostro genero i tuoi malesseri.
Maria l’Acedda - Mi sento come un’arancina in petto!!
Sariddu – Arancina?!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Angina! Angina pectoris! (si china ad ascoltarle il cuore) Sono tutte fisime! Fisime, coccole e capricci!
Maria l’Acedda – Sì, ma ci ho il grasso sopra il cuore! Mia cugina, la Duchessa delle Fratte è andata dal dr. Stipisi e gli ha prescritto una scatola di Patatina …
Sariddu – Mutandina!?
Dr. Ippocrate Cagliostro - … pantetina! … pantetina ci vuole per i grassi … ma per voi la migliore ricetta è una lavata di scale la settimana…
Maria l’Acedda – Ma, per i trigliceridi e per il colastigliole?
Sariddu – Stigghioli?! Mi nn'aggiuttissi 'nna padiddata china!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Scale, scale! E se non le bastano le scale, c’è anche questo mio cortile, da scopare e lavare!
Maria l’Acedda – Ma se ho una cisti ovale, l’ernia al discolo, l’ulcera doganale e le vene vorticose e bellicose! Rischio un cactus cerebrale o uno schock profilattico!
Sariddu – Cactus profilattico?! Ma ormai chi vo' profilattari?
Maria l’Acedda - Fammi fare almeno un esame delle frecce, una flebo di plasmon per rinforzo, mandami alle cure termiche di Sciacca, scrivi qualche supposta antispasimo o mandami a un controllo da un esperto del branco, per esempio da un ortopiede … o a farmi una visita ornitologica …
Dr. Ippocrate Cagliostro (controllandosi a stento) – State tranquilla, mammina! Un brodino di galletto e passa l’ulcera duodenale. Tre fiori di malva bolliti e si purifica tutto l’organismo …
Sariddu – Se proprio vuoi prendere qualche medicina, prendila scaduta, così almeno è innocua!
Maria l’Acedda – Sì e le mie sogliole lancinanti? E i miei dolori deambulanti? Ippocratuccio mio, forse ho pure la gotica, sogliole continue al meniscolo, il diabete merlino e tu non mi vuoi fare neanche una lenzolina?
Dr. Ippocrate Cagliostro – Non dovete fare abusi di cibi …
Maria l’Acedda – Bada a quello che dici! Io non sono abusiva! Ogni tanto mangio qualche fritto misto di pesce bollito e prendo qualche pillola che mi fa arrossire … a volte sono deturbante se prendere questa o quella, ma non sono abusiva e non ho presentato domanda di sanatoria!
(Entrano in scena Lucia e Ninì) Lucia – Papino, ti vorrei presentare il mio ragazzo, il dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati.
Dr. Ippocrate Cagliostro – Chi? Questo razzista polentone! Lo conosco bene. Mia figlia non sposerà mai un leghista!
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati– Io non sono un razzista, né tantomeno un polentone, né?. Mio nonno paterno era di Favara e mio madre di Bisacquino, né?
Dr. Ippocrate Cagliostro – Magnificu! D’un persicu ni nasciu un cunigghiu! E allora perché parli come un leghista padano? Il lupo ulula quando ha fame o è irato: non usa il linguaggio della scimmia! Se hai sangue siculo nelle vene saprai dire: ddu, dda, sciarra, funnacu. Avanti, provaci. O testa o capistru!
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati (farfugliando) – Du … da… funaco…
(Nel frattempo entrano in scena Geltrude ed Alì Salem)
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ecco, hai fallito la prova del nove!
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati– Me lo diceva sempre la buon anima di mio nonno Onofrio! Chi non si scorda il dialetto siciliano è come se conservasse un pezzetto di Sicilia dentro il cuore!
Dr. Ippocrate Cagliostro – E dddocu ti futtisti! Errore grave, mio aspirante genero: il popolo siciliano è una nazione in quanto sente la sua Storia e si è rinsaldato facendo la sua rivoluzione. Il siciliano non è un qualsiasi dialetto. La nostra è una lingua e trasmetterla, insegnarla significa trasmettere i nostri proverbi, la nostra antica saggezza, i nostri valori più puri e tradizionali, insomma la nostra stessa sicilitudine. Per questo tutti i Siciliani che lavorano nel mondo, dall’America alla Germania, dall’Australia alla Padania, la conservano gelosamente.
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati– Anche a casa mia tutti parlano il siciliano. Io ho cercato di perdere l’accento per essere assunto alla Sanifera Medicinali, ma, se mi serve ad avere il vostro permesso per amare Lucia, sono pronto a recuperarlo!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Superficiale! Fai proprio discorsi superficiali! Pensa, invece, alla straordinaria sorte del popolo siciliano. I Siciliani vanno per il mondo a milioni, mai per spirito di conquista, ma per umiltà e fatica, e lo percorrono da cima a fondo, lo frugano instancabilmente in ogni fessura, nazione, città, paese, in mezzo ai grattacieli e in mezzo alle foreste. Infine, se ne tornano a casa. Non c’è, in tutto il mondo, un popolo più girovago, onesto e laborioso; nemmeno gli Inglesi, nemmeno gli Ebrei. E non solo i più poveri, i contadini, i braccianti, i falegnami, i barbieri, i calzolai, i manovali, ma anche i medici, i professori, gli ingegneri, gli scienziati, gli inventori vanno dappertutto, per dieci, quindici anni, imparano a parlare inglese, spagnolo, tedesco, e conoscono le più ricche culture, ma non dimenticano mai la lingua siciliana. Solo pochissimi rinnegati, senza patria, non la insegnano ai propri figli.
Alì Salem – Anche io imparare siciliano per avere tua benedizione paterna! Io disposto anche andare scuola serale!
Dr. Ippocrate Cagliostro – E a tia cu ti scumpuniu? Tu, ti dovresti dare almeno una riverniciata, un’imbiancatina alla tua pelle africana, prima di aspirare alla mano della mia Geltrude! Non voglio un nipote negro!
Alì Salem (tenendo Geltrude per mano) – Io avere già sua mano nella mia! Non avere bisogno di respirare! Ma anche tu razzista, leghista e tu contraddire. Anche tu africano per Padani razzisti! E poi tui nipoti non nascere belli neri; nascere caffè chiaro e capelli lisciare!
Geltrude – Lu nivuru biddizza nun nni leva!
Dr. Ippocrate Cagliostro (perdendo il controllo) – Niente, non voglio sapere niente! Mi sbattissi la testa a lu muru! Lucia, Geltrude, io vi voglio diseredare. Capito, né? Voi non vedere più da me neanche una lira. Talè, talè! Cu tanti beddi picciotti siciliani, omini d’unuri, a disposizioni, un leghista e nn’africanu si vonnu iri a pighhiari! La Sicilia non vuole più invasori. Se verranno qui altri cani traditori, moriranno tutti squartati e impiccati.
Dr. Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Quello siciliano è ormai un destino di sconfitte. La nostra è una Storia irredimibile. In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fare.
Dr. Ippocrate Cagliostro – Ma come si può odiare sotto il cielo della Sicilia, in mezzo agli aranci, ai gelsomini, alle palme, ai templi greci, ai ricordi di gloria, di ricchezza e di felicità, che sono, sparsi dovunque in quest'isola fortunata?
Sariddu Pedimansu – E tu, figlio di questa terra e di questa cultura, vorresti opporre i tuoi miseri pregiudizi alla forza dell’amore?
Dr. Ippocrate Cagliostro – Pregiudizi? Io pregiudizi? Ma un leghista! Un africano! Ti sembrano scelte sopportabili per un vero siciliano?
Maria l’Acedda – E allora io che dovevo fare quando mia figlia ha deciso di sposarti? Mia figlia, un fiore di gelsomino, baronessa di la Ristuccia come me, nelle braccia del figlio di Peppi Furmicula, l’urtimo di cristiani! Nenti fici! Mi calavu li corna e dissi: calati iuncu chi passa la china!
Mister Joe (entra in scena vestito da americano in vacanza: scarpe bianche, cravatta gialla striata, giacca cachi, pantaloni con le brache) – Compare Ippocrate, lasciati abbrazzari (lo abbraccia). Nun mi canusci cchiù? Nun ti ricordi? Cu sugnu? Mi… Mi… Mi…
Ippocrate Cagliostro – Milinciana!
Mister Joe – E chii ti paru nna milinciana iò? Ma chi milinciana! Mister Joe sugnu! To cumpari! Quanti anni che non ti vedo, ma, appena haiu bbasatu sta me terra mi dissi: a me cumpari Cgliostro devo andare a visitare …
Ipoocrate Cagliostro – Veru, tu si! Ma quantu si cangiatu!
Mister Joe – Ma puru tu mi pari cangiatizzu! Ti lassavu capelloni e t’attrovu un pocu tignuseddu!
Ippocrate Cagliostro – Joe, amico mio, fratello mio! Quasi, quasi, non ti riconoscevo! Sei partito che eri un ragazzino! Dove sei stato tutto questo tempo?
Mister Joe – Ho girato, tanto ho girato! Da principio sono stato in Nord America, in città che tutto l’anno nieva e nieva. Mugghiava il vento che scendea dalle colline, ma c’era tanto lavoro e tanti bisiniss! Stavo benone; tutti i picciotti siciliani lavoravamo duro, ma stavano bene...
Ippocrate Cagliostro – Eri felice. Ma della Sicilia, niente ti mancava?
Mister Joe – Eccome! Il cobalto e lo smeraldo del mare siciliano, il suo splendore di spuma, la sua levità colore di cielo e di vino. Le macchie gialle delle ginestre. Il rosa degli oleandri e delle buganvillee. Le urla dei pescivendoli nell’aria salmastra di Porto Palo. La luce tagliente sulle crepe delle case di pietra nera. Persino l’aria mi mancava! E poi la fleva del nostro pane di vero grano. In America, entri dal fruttistendo, cerchi un’arancia e trovi checche, candi, scrima, e tutto cheap, cheap, a poco prezzo trovi, entri in uno story ,zeppo di bordi e tutto ci trovi. Ma non ci trovi i balconi spagnoli che arpionano i muri corrosi dal sole, il fiaccolare giallo del fiore di melograno, le chiazze di trifogli, di malve, di fiordalisi nei prati riarsi, tra le spighe di porpora e l’assedio assordante di cicale. You want buy images? Farm? Vuoi comprare belle statue? Una fattoria? Vuoi comprere una macchina che scocca d’un frullo centomila fusi? . E io tante volte: yes, tutto mi compro! E faccio bisiniss mi sposo con una bella negra americana, d’origine sudafricana e mi ingrasso che non ti dico… (fa una pausa) … ma poi!
Ippocrate Cagliostro – Poi? Che cosa poi?
Mister Joe – Poi viene la depressione, la grande crisi! Niente moneta, niente più lavoro. La vita duole e prosciuga anche le parole. Mi manca il chiacchierio pacato di la piazzetta Merlini, nti lu varveri o ntunnu a lu vancareddu di lu scarparu. Le dita dei miei figli sempre più magre. Prendo il vapuri e torno in Europa, in Sguizzara all’inizio, lavoro negli orologi e ricomincio a respirare, ma dura poco, Sguizzara chaisse (ScheiBe),: armi e bagagli e di nuovo via apro un ristoro a Bonn, in Germania. Cugno no? Gli aromi e i sapori della cucina siciliana ubriacano e stordiscono i docceland: un poco di pasta con sarde e finocchietto, cipolla e pinoli, un piatto di maccu di fave, quattro stigghiole al sugo, uno spezzatino alla birra, un po’ di trippa al pecorino, du purpette austusi d’ova o di nunnata, quattro sarde a beccafico, nna (una) cassata di ricotta e i tedeschi si leccano i baffi! Una bottiglia di Monte Olimpo e si sentono in Sicilia, tra gli dei! Borraccia! Brigone! Pugnunaim! Io parlo sguizzero, spagnolo, russo, americano! Zorf! Zurilesciorf! Incontro gente di tutte le lingue, diventiamo fratelli nel sudore e nel lavoro, ma mi sento sempre più siciliano.
Ippocrate Cagliostro (sbalordito) – Madonna di lu Carminu! E non ti firriava lu sensu?
Mister Joe – La testa giria agli animali sedentari come te, che vivrebbero cento vite, storditi da questa eterna Primavera! Molti siciliani siamo viaggiatori. Camaleontici. Trasformisti. E il trasformismo ce l’abbiamo nelle vene. Ce l’ha dato nostra madre quando siamo nato. Non è che tu prendi uno di Bolzano o di Pordenone, lo accompagni in uno story e quello al fruttistendo gli chiede: mi può dare un chilo di trasformismo, per favore? Quello mica te lo può dare! Nel mondo ci industriamo a fare di tutto: architetti e contadini, machos e stilisti raffinati! Ma conserviamo sempre gusto per la vita.
Ippocrate Cagliostro – Non è vero, anch’io, nelle mie tante vite, un po’ di mondo me lo sono girato: Parigi, Boemia, Mosca, Pechino, Baltimora, ma solo in questa terra di dei, semidei ed immortali la mia scienza è veramente apprezzata.
Mister Joe – Anche io come vedi sono ritornato. Anche se, per necessità e per irrequietezza, tante volte l’ho tradita, la Sicilia è rimasta sempre un luogo della mia anima, my love nel mio cuore, my love incancellabile, un sogno da riassaporare in eterno, la terra in cui riportare la mia famiglia, i miei figli, per questo ho mandato a studiare all’Università di Palermo mio figlio Salem...
Ippocrate Cagliostro (sbalordito) – Salem tuo figlio?! (tra di sé, rivolto al pubblico) Precisa! La papula ncapu lu cravunchiu!
(Sulla scena irrompono la moglie Bastiana, baronessa della Ristuccia, Rosina, la signora Biagina Savitteri, Mircioni, alcuni contadini che portano Efesto disteso su una scala, che sanguina vistosamente)
Dr. Ippocrate Cagliostro – Efesto, che ti è successo? Come ti sei ridotto in questo stato? Fatti guardare un po’ da vicino!
Efesto – L’amore mio, Afrodite, invidiosa di Artemide, volendola emulare, se ne andava a caccia di pernici, rimaneva impigliata tra i rovi, sospesa nel vuoto, e si metteva ad invocare aiuto. Mi è toccato arrampicarmi su una quercia e acchiapparla. Ma, quando stavo per ridiscendere, il ramo ha ceduto e mi sono sfracellato a terra...ahi, ahi! Sono tutto fracassato!
Ali Salem – (preoccupato) – Efesto perdere sangue! Efesto emorraggiare! Bisognare subito intervenire ...
Sig/ra Biagina Savitteri – Dottore Cagliostro, pi fare stagliari stu sangu, li punti ci hannu a darì!
Rosina (va a prendere una zaccurafa ) – Io sono pronta, dottore!
Mircioni (arriva con un gomitolo di spago) – Stu spagu ci abbasta? Si voli nna zaccurafa cchiù grossa, mi fazzu nna cursa a li Scalazzi, nti lu siddunaru!
Dr. Ippocrate Cagliostro (visibilmente confuso) – Tu nun ti cataminari chi si cchiù dannusu d’un crastuni! (disperandosi) Sempre da me questi Dei vengono a finire! Prima si sfasciano la testa con i loro capricci e le loro bizzarrie e poi la vogliono sanata da me! (guarda le ferite preoccupato, indi alza le braccia al cielo, in segno d’impotenza) Qui la faccenda è seria! Troppo seria! E chi lo deve cucire? Io per ora ho troppi pensieri. Un dottore ci vuole, un dottore!
Mircioni – Megghiu chiamari un parrinu cu l’ogghiu santu!
Sariddu – Mittiti sutta stu rinali ca si nno allordi stu beddu curtigghhiu (Tutti lo guardano perplessi)
Dr. Ippocrate Cagliostro – (rivolto ai contadini) E che? Ancora qui siete? Sbrigatevi a portarlo in Ospedale! (rivolto a Rosina) E tu scrivi il referto: Efesto ribaltava da un albero: sospetto trauma cronico e tallonite; (lo scruta attentamente) diagnosi: mollezza alla testa; valida contusione dito pollice piede sinistro; slogatura di piragna, contusione da calcio di Giove alla coscia destra; praticare antitetanica ...o salasso!
Sariddu – Sa 'lassu!? Mancu sparatu la lassu la me Principissa!
Sig/ra Bastiana, baronessa della Ristuccia – Ma se perde sangue a violino! Ippocrate, se non ti sbrighi, l’ammalato se ne va ...
Dr. Ippocrate Cagliostro – Giusto, giusto, bisogna fare in fretta! Rosina, concludiamo: si richiede ricovero per insufficienza venale...!
Maria l’Acedda – Vedi come si muore! La nostra vita è una spiga di Ristuccia carezzata dalla brezza della Primavera: basta un soffio di levante e la sradica dalle radici. Perché renderla più amara con pregiudizi superati e chiusure? Perché vuoi vietare alle tue figlie di cercare, a loro modo, la strada per essere felici e amareggiarti la vita tu stesso?
Lucia – Io amo Ninì, lasciamelo sposare!
Ninì dei Svacisvitevorissirevormati – Anche io amo Lucia, perciò amo anche la Sicilia! Ti prometto che ai tuoi nipoti insegneremo il siciliano!
Ippocrate Cagliostro (va verso lo specchio e si guarda) – Cagliostro, ma che ti sei rimbambito? Dopo avere attraversato gli abissi della Storia ti perdi in un bicchiere d’acqua? Rinsavisci! Ritrova il suo della tua eternità razionale! Torna ad essere un torrente in piena che trascina la vita. Di questo hanno bisogno i tuoi amici, la tua famiglia, la tua stessa adorata Sicilia! (prende dal cassetto della scrivania un ramo di acacia, si avvicina ad Efesto, gli fa sopra un segno di croce) Ed ora svegliati, alzati e cammina!
(Efesto si alza tra lo sbigottimento generale) Tutti - Gesù e Maria! Comu lu guariu?!
Efesto (mentre esce) – Mi sento la testa come una fontana, ma qua sono vivo e l’emorragia mi si è fermata senza darmi un punto!
Ippocrate Cagliostro – Efesto, amico mio, dove vai? Non ho ancora finito...
Geltrude – Se ne va, se ne va e fa bene! Se non ti dai una smossa anche i tuoi Dei ti abbandonano. Svegliati! Non vorrai certo che mi nni fuiu! Con me ti conviene abbassare la cresta!
Alì Salem – Mio nonno materno, nobile africano! Io non aceddu ... io famiglia elefante bianco!
Dr. Ippocrate Cagliostro – Lascia perdere questi riferimenti bestiali! I soprannomi di animali e di piante non sempre sono un segno positivo!
Bastiana - Ippocrate, questo nostro vivere è sempre un convivere; questa nostra libertà è sempre un soffrire, rinunciare e servire. Noi siamo destinati a scontare i nostri egoismi, a lacerare i nostri particolarismi, la nostra stessa singolarità, se vogliamo coesistere con gli altri. Tutta la vita è ricerca, eterno viaggio, per chi vuol porre il suo nido nel rifugio della primavera. Non vi è un giardino nel mondo, dove l'aprile e le rose sospirino immuni da morte. Non vi è un Eden, o uomini, dove il Bene assicuri frutti: la felicità è una stagione che, appena si trova, è sfiorita; la primavera trascorre in ogni nostro viaggio. Non guastare la Primavera di questi ragazzi! Non vedi come la nostra vita ha ormai il giallo delle foglie autunnali? Non buttare giù dall’albero anche il loro nido di sogni e di favolose illusioni.
Ippocrate Cagliostro (cambiando tono) - Nun mi scuncicari cchiù! Basta con questi ritornelli! Nun mi fari sdilliniari! Basta! Mi avete convinto! Cu fici fici, abbasta chi c’è la paci! Non voglio essere guastafeste per nessuno! (rivolto alle figlie ed ai generi) Venite, qui, lasciatevi abbracciare! Avete tutti il mio consenso e la mia benedizione (grida di esultanza) e anche tu, Bastiana, (le porge un blocchetto di assegni) ti do questo blocchetto d’assegni fresco; ti lu dugnu…? Ti lu dugnu così ti potrai scapricciare!
(Dalla porta si affaccia Filomena, vestita con una provocante minigonna ed una camicetta scollatissima; tutti si bloccano a guardarla)
Filomena – Dottorone mio! Ho finito le supposte effervescenti di aspirina! (guarda perplessa la scena immobile) Magari, per approfondire la visita, ripasso più tardino?!
(cala il sipario)