Presentazione del Romanzo "Sicilia, my love" di Enzo Randazzo presso la D.D. Novelli di Monreale

07.05.2014 23:50
 

Relazione della Prof. Carmen Bonanno, vicepreside dell'I.I.S.S "E.Basile"

 

 

Innanzitutto volevo fare un particolare ringraziamento al preside Randazzo per avermi dato la possibilità e l’opportunità di essere qui oggi per parlare di questa sua opera che ho letto e apprezzato con vivo interesse. Durante la mia attività come vicaria al fianco di Enzo Randazzo (negli anni 2006/2007 e 2007/2008) ho avuto modo, sin da subito, di scoprire due vocazioni in lui assai forti, l’amore per la Sicilia da un lato, la vocazione per la scrittura poetica e narrativa dall’altro. Al suo primo anno a Monreale, che fu anche il suo primo come dirigente scolastico, Randazzo si presentò subito come un dirigente motivato e motivante, desideroso di coinvolgere tutto quanto il corpo docente appena conosciuto in una serie di attività che oltre a valorizzare la scuola, valorizzassero il territorio monrealese, questa bella fetta di Sicilia, un po’ dimenticata, appena sfiorata financo dai turisti, che pure sono frequenti, ma si fermano per il solo tempo di una giornata. L’occasione di mostrare tale passione gli fu data dall’invito del Comune a partecipare al progetto, promosso dal Ministero dei Beni culturali “A ottobre piovono libri” , famosa attività reiteratasi per almeno tre anni, finalizzata alla valorizzazione dei luoghi della lettura. Le due docenti allora coordinatrici del progetto, Cinzia Grasso e Rossella Cicatello, proprio su suggerimento ed esortazione del preside Randazzo selezionarono alcuni passi fra i più significativi su Monreale e la Sicilia, tratti da autori classici e moderni, (dall’Odissea a Goethe per intenderci) e realizzarono insieme agli alunni una videolettura che allora ebbe non poca risonanza; fra i passi selezionati, a conclusione del video, la collega Cicatello, che in quell’occasione aveva avuto modo di sfogliare la vecchia edizione di Sicilia my love, pensò di mettere una delle pagine più belle di questo romanzo, che, mi accorgo è fra le più citate. E in questo passo, a mio avviso, è ben visibile una naturale inclinazione alla poesia di Enzo Randazzo, che talvolta, lo invoglia verso la creazione di spazi di intenso lirismo; e questo aspetto, forse il più bello della sua produzione letteraria, ho avuto modo di conoscere e apprezzare; desidero ricordare proprio oggi, che Randazzo al suo secondo anno monrealese, realizzò la pubblicazione del suo secondo volume di poesie, una raccolta di poesie di una vita, antiche e recenti, dal titolo “Un egizio triste”; una silloge molto bella che ho avuto il privilegio di leggere in anteprima, in sede di correzione di bozze. Anche in quella raccolta, fra le tante bellissime liriche, devo riconoscerlo, ce n’è una particolarmente ispirata che si intitola “Sicilia my love che ho il piacere di leggere in questa sede

Non c’è il cobalto e lo smeraldo del tuo mare

Nell’ansia grigia e tra il rullio dei motori.

Non c’è la levità del tuo cielo di vino

Né il giallo di ginestre soffoca oleandri di rosa.

L’urlo dei pescivendoli nell’aria salmastra

è solo brusio, avvolto nella nebbia cenerina.

Ci sono checche, candi, scrima, stemperati di spleen,

a rimpinzare consumistiche ingordigie e smanie,

ma non ritrovi la poesia dei balconi spagnoli

che arpionano le crepe corrose dal sole,

né il fiaccolare ardente del fiore di melograno,

le chiazze di trifogli,malve e fiordalisi,

tra spighe riarse e assordanti assedi di cicale.

La mia isola è divenuta un sapore ubriacante

Di finocchietto, cipolla e pinoli,

trippa al pecorino, polpette di neonata,

cassate di ricotta e soporiferi vini divini.

Mitici viaggiatori e bellezze sovrumane danzano fra asfodeli e arance d’oro,

in questa terra di luce e di sole.

Nei carrubbi assopiti alitano antichi misteri,

immobilità assorte e sospiri di passioni,

ma, nelle ventate di inebrianti gelsomini,

incalza il mal di mare della Storia.

I tuoi templi greci e le tue pietre islamiche

Intonano nenie di pace e di amore ,

mentre i tuoi figli abbracciano il mondo,

fratelli di lingua, sudore e lavoro,

trasformisti, impegnati, onesti e creativi,

tra spiazzi e istanti senza frontiere.

Sei il mio vero, eterno amore, isola della Primavera,

il sogno che rifiorisce ad ogni scappatella e defezione,

My love, l’amore mio inestinguibile,

favolosa nei lamenti del levante sulle chiome degli ulivi saraceni,

nelle carezze delle brezze alle spighe baciate dal

sole,

nei tramonti vibranti e negli incendi delle aurore.

Per tante e diverse ragioni, dunque, quando il preside Randazzo mi ha dato notizia di questa sua terza edizione di “Sicilia my love della sua volontà di presentare il libro a Monreale non mi ha colto molto di sorpresa. A Monreale, infatti, Randazzo è legato da due avvenimenti che ritengo importanti per la sua formazione umana e professionale, la pubblicazione della già citata silloge di poesie, ma anche un’intensa attività di critica letteraria che lo ha visto partecipe in qualità di relatore in diversi convegni e seminari, cito fra tutti quello svoltosi a Palazzo Steri, in cui relazionò dettagliatamente e con plauso degli uditori sul Futurismo. Dunque Monreale, mi permetto di dirlo proprio oggi, preside è stata per lei come una musa ispiratrice, e lo dico con l’augurio che anche questo suo ritorno alla base, seppur fugace, le porti tanta fortuna e instilli altrettanta vitalità, per una prossima, futura, nuova e originale fatica letteraria.

Fatta questa doverosa premessa, possiamo parlare del romanzo: chiarisco subito che questo mio breve intervento non ha alcuna pretesa di critica letteraria, farò dei rilievi sul testo, sia sul piano della struttura narrativa che sul livello stilistico, che non sono che colores scaturiti da una lettura estemporanea. E’ un romanzo complesso, ricco, multiforme nella struttura narrativa, come nello stile; perciò non lo si può reputare di facile lettura, come tutti quei romanzi che racchiudono nel loro dinamismo letterario l’intero mondo culturale dell’autore. E’ una conclusione questa alla quale giungo non solo dopo la lettura stessa del romanzo, ma anche perché mi sono documentata sulla sua precedente attività letteraria dello scrittore che è notevole. Enzo Randazzo si è cimentato in diversi generi di scrittura (poesia, narrativa, teatro, critica letteraria, saggistica storiografica) Ecco in “Sicilia my love” questo variegato universo culturale confluisce in piena armonia grazie ad una penna duttile e matura che non disdegna di adattarsi alla varietà dei contesti e dei personaggi che scandiscono la narrazione. Alla fine della lettura si ha la sensazione di aver letto un insieme di storie ben orchestrate, giacché i personaggi, tratteggiati per lo più a tutto tondo, sono così dinamici da lasciare un’impronta vivida e fresca sul lettore, che se lo volesse, potrebbe farli rivivere in una dimensione metanarrativa. E’ evidente in questo l’eco dell’attività di regista teatrale e scrittore di commedie, del resto Sicilia my love” nasce come testo teatrale, e successivamente diventa un romanzo. Cosa è cambiato, mi sono chiesta, rispetto alla precedenti edizioni? E’ cambiato molto, devo riconoscere. Quello di oggi mi appare, nella sua complessità, il romanzo di una vita, il racconto di un’esperienza umana ricca e multiforme di un uomo che, come tanti, ha vissuto intensamente fra gioie, dolori, amori, delusioni e frustrazioni cocenti, cercando, nell’inesorabile mutevolezza del divenire cui si è costretti, di mantenere sempre alcuni punti fermi, “in primis l’amore per la Sicilia. Che sia il romanzo di una vita lunga e intensa, del resto, lo si vede da subito, ad una prima analisi della struttura narrativa: sul piano strutturale, infatti, il romanzo appare come il frutto di un innesto ben riuscito, fra due diversi romanzi, che raccontano la storia di uno stesso personaggio, Ippocrate Cagliostro, ma che si integrano bene fra di loro: il primo è proprio un racconto di formazione, la vita di Ippocrate a Dorgina, gli anni degli studi universitari, l’impegno sociale e politico nel contesto dell’”Incontro”, la bellissima storia d’amore con Anna. Forse a questa prima parte del romanzo, probabilmente, si riferisce Simonetta Agnello Horby, quando definisce “Sicilia my love” un romanzo di formazione. La seconda parte del romanzo che ha inizio con la descrizione degli olezzi dell’Athanor, immette in una atmosfera narrativa assai diversa, che ci prepara ai cambiamenti del nuovo Ippocrate Cagliostro, più vicino alla personalità camaleontica del noto alchimista palermitano, ancor oggi osannato dai suoi concittadini. Anche lo stile è mutato:  alla prosa piana, asciutta essenziale del primo racconto ne subentra una più variegata e convulsa, caratterizzata dal pathos di una sintassi spezzata e nervosa, capace, tuttavia, in diverse parti, di distendersi in un ampio periodare, che in certe sequenze contemplative  raggiunge le vette della poesia. c’è  un passo, in particolare, che, sebbene in prosa, raggiunge vette di alto lirismo” Ma come si può odiare sotto il cielo della Sicilia, tra il languido profumo dei fiori d’aranci, la sensualità dei gelsomini, i palmizi svettanti, i templi greci e le reminiscenze di grandezza, di abbondanza e di allegria, che sono disseminati dappertutto in quest’isola felice? In questo giardino odoroso abbiamo accolto chiunque. A tutti abbiamo aperto le nostre case e il nostro cuore. La nostra ospitalità è ineguagliabile……Amo l’orgoglio e il coraggio della gente che sorride amabile nelle strade assolate, piene di silenzi e di misteri. Amo la mia terra per il mare azzurro, l’amo anche quando non dovrei, quando il levante nelle notti batte e sferza come un lamento le chiome leggere degli alberi di pepe. L’amo perché è calda e selvaggia, perché lei è sola come me quando ha bisogno di aiuto”.

Questo prosa altalenante fra pathos e distensione, cattura e coinvolge il lettore,  inevitabilmente ammaliato dalle felici antinomie di una narrazione variegata, talvolta quasi caleidoscopica, ma ben orchestrata, fatta di accensioni improvvise di tono e olimpiche pacatezze, in una cornice ritmica contrappuntistica, che nella sua mutevolezza  esprime il senso della mutevolezza del vivere. Ed è lo stesso ritmo ammaliante che ritroviamo in molte liriche di un “Egizio triste”.

Vorrei ora soffermarmi brevemente sul racconto di formazione, di cui si è poco parlato, nelle ultime recensioni (per lo meno), e che, a mio avviso, presenta diversi spunti di riflessione per i nostri studenti, per i quali è pensata questa edizione.

In primo luogo, vorrei richiamare l’attenzione sull’interesse propriamente storico che riveste questa parte del romanzo. Come si è detto gli anni giovanili di Ippocrate sono ambientati a Dorgina,  un piccolo paese di provincia, le cui caratteristiche geografiche richiamano la zona dell’agrigentino. Il nome è chiaramente inventato; ma nello spaccato socio.culturale e storico politico ricostruito nel romanzo si indiviuano fatti ed eventi certamente noti ai lettori più maturi né troppo lontani cronologicamente da noi. Perciò non condivido l’espressione “Dorgina d’altri tempi” con cui il vivacissimo paesino  è stato categorizzato in una delle due recensioni che ho letto online.  Né condivido la genericità che caratterizza le recensioni più recenti, che non rilevano la preziosa contestualizzazione storica che è in questa prima parte della vicenda. La cornice prevalente qui, non è quella mitica della seconda parte del romanzo, ma è storica e perciò stesso particolarmente interessante. Ciò che colpisce è la straordinaria vitalità che contraddistingue la gioventù del paese, che a mio avviso appare più dinamica e ricettiva, rispetto a quanto avveniva in altri comuni della provincia di Agrigento. Il gruppo giovanile di Dorgina che gravita intorno all’esuberanza di Ippocrate è fatto di giovani attivisti, frenetici, desiderosi di coniugare il divertimento con l’impegno sociale, curiosi di conoscere il mondo esterno, non necessariamente per fuggire dal paese, ma per portarvi nuova linfa e condurlo gradatim all’emancipazione politica e sociale; tutto ciò non senza creare grosse conflittualità. Un’immagine combattiva, indubbiamente positiva di una gioventù che ha  alle spalle esperienze più difficili, più drammatiche di quella moderna. Una generazione che ha subito i danni dell’alluvione. Ma è chiaro che quando lo scrittore  parla del settimo anniversario di quella distruttiva alluvione, i cui danni lo stato non ha ancora arginato,  fa riferimento al terremoto del Belice. Un evento di cui i nostri ragazzi forse a malapena hanno sentito menzionare. Anche in queste pagine si profila un interessate analisi socio-politica, che fa rivivere in tutta pienezza quel sentimento di delusione che tuttavia non frenò nei giovani di allora il senso dell’attivismo e dell’impegno.

E’ fra le righe di questa ben delineata vitalità di giovani siciliani che si comincia a leggere il desiderio dello scrittore di reagire ad una visione cupa e pessimistica del “risveglio” dei siciliani che sulla scia del celebre dialogo fra il principe e Chevalley ha condizionato gran parte della letteratura meridionale e meridionalista. Ci sono alcuni punti del racconto in cui l’immagine del sonno gattopardesco si insinua e si materializza all’improvviso nei pensieri di Ippocrate  che immediatamente ne percepisce e manifesta l’estraneità, come avviene nell’immagine del viaggio di ritorno da Forni: il direttissimo era diventato un pigro diretto e assumeva la cadenza asmatica di un vecchio accelerato…quel ritmo monotono da passeggio richiamava alla mente di Ippocrate il sogno gattopardesco della Sicilia e appariva del tutto estraneo alla carica dirompente accumulatasi in lui… p. 69.

In questo passo, come in tanti altri analoghi, e nelle stesse vicende storiche che fanno da sfondo al forte impegno giovanile di Ippocrate è, a mio avviso, pienamente riscontrabile quello che Randazzo stesso definisce il suo tentativo di storicizzare una dimensione alternativa di sicilianità. E da qui i nostri alunni potrebbero già trarre spunto per una riflessione storico-antropologica sulla storia della Sicilia e sull’origine di alcune sue problematiche, nonché sulle possibilità di confidare nelle proprie capacità di reazione.

Ma tornando ancora al Gattopardo, mi piace, d’altra parte far notare, che anche Randazzo subisce il fascino dell’eleganza stilistica di Tomasi di Lampedusa e in passo del suo racconto gioca bene al lusus letterario, richiamando alla memoria del lettore una celebre frase pronunciata da Angelica. Il contesto è quello di un’affascinante schermaglia amorosa fra Anna e Ippocrate che richiama immediatamente quella analoga fra Angelica e Tancredi: Anna che confessa a Ippocrate che :”sposare Guido dopo aver amato te, sarebbe come trangugiare un bicchiere d’acqua su un litro d’acquavite”, non può non ricordare “Angelica in cuor suo dava invece ragione a Concetta, dopo essere stata innamorata di Tancredi sposare lui (Caviraghi) sarebbe stato come bere dell’acqua dopo aver gustato questo Marsala che le stava davanti. La nota frase sarà poi più efficacemente sintetizzata da Luchino Visconti nella nota versione cinematografica.

Potrei andare avanti in questa che per me è stata una piacevole disamina di provocazioni letterarie e ideologiche di cui questo romanzo è preziosamente costellato. Ma voglio  fermarmi qui per lasciare alla curiosità dei prossimi lettori la possibilità di scoprire altri riferimenti.

Nel leggere questo romanzo e conoscendo personalmente e, penso, abbastanza profondamente Enzo Randazzo, non posso fare a meno di vedere lui , anche se solo per alcuni tratti, in Ippocrate Cagliostro; la sua sicilianità , il suo non fermarsi mai di fronte a nessun ostacolo, il suo amore per le donne, tutte amate, il suo voler cambiare le cose, anche quando si pensa che non ci sia  altro da fare, il suo essere sempre in prima linea contro ogni forma di ingiustizia e il suo, in qualche modo, desiderio di cambiare il mondo.

 

 

 Vorrei aggiungere alla mia breve trattazione quella che ritengo la parte più esilarante del romanzo, e cioè il conflitto generazionale che si crea fra un Cagliostro maturo, padre e per questo carico di responsabilità e le due figlie, Lucia e Gertrude che appaiono molto diverse fra loro.

Ippocrate non riesce ad accettare il fatto che le figlie intendano sposare l’una un leghista e l’altra un ragazzo di colore, ma questo non avviene per una forma di chiusura mentale, ma perché tutto questo gli appare fuori da ogni logica, per lui è veramente troppo” Pregiudizi? Io Pregiudizi? Ma un leghista! Un africano! Ti sembrano scelte sopportabili per un vero Siciliano?” Il punto infatti è proprio questo, noi siciliani siamo gelosi non solo dei nostri affetti, ma tutto ciò che  risulta destabilizzante ci fuorvia, ci fa sentire spaesati e insicuri.

 

 

Vorrei concludere la mia breve trattazione con l’ormai nota riflessione dello stesso autore che fra tutte riecheggia con più forza la vocazione poetica dello scrittore: 

 

“Il Paradiso qui, sulla crosta terrestre, è la Sicilia. Un soffio. Un lampo. Anime irrisolte di navigli. Nella quiete della notte, il mare suona una nenia malinconica sull’arpa tesa tra mitici faraglioni. La mente apre le labbra chiuse. Ciascuno cementa se stesso. Qui ogni ciottolo racconta una vicenda, ogni fi­lamento d’erba ha un gorgheggio, ogni finestra un amore. Questo è l’unico cantuccio della terra da cui si può dialogare con tutti gli astri. Nobile e viandante. Sentiva tutti gli uomini come suoi fra­telli. Tutti i popoli e i paesi gli erano cari, ma questa era la patria in cui Ippocrate aveva scelto di vivere e morire.”

Queste parole fortemente suggestive ed evocative  erano state poste a conclusione del video sui viaggiatori in Sicilia. Forse perché giustamente Randazzo era apparso  come un viaggiatore; e in effetti anche in Sicilia my love l’autore, attraverso la vena affabulante del suo protagonista,  spesso si allontana dalla realtà per condurre il lettore in un viaggio esilarante verso il ripristino di un passato storico e mitico che della terra amata conserva intatta la bellezza. Un viaggio che ricorda tanto i percorsi poetici  di Quasimodo,  fra le rovine dell’acropoli di Agrigento, anche lui poeta siciliano, amante della propria terra, abituale viaggiatore fra miti di antica bellezza.

 Carmen Bonanno

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