Don Adalgiso e Fantasima Saracina di Enzo Randazzo recensione di Carlo Santulli

28.02.2020 09:54

Don Adalgiso e Fantasima Saracina
di Enzo Randazzo
Pubblicato su SITO

 

ROMANZO
Gianni Iuculano Editore 2005
190 pp.

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Una recensione di Carlo Santulli
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Don Adalgiso e Fantasima Saracina

In una Sicilia profonda dove il mito non è dissociato dalla storia, si svolge la storia d'amore (ma sarebbe più giusto dire di sesso e di passione) tra due fantasme (anzi fantasime, e mai il termine secentesco è apparso più vivo) e due sacerdoti della chiesa locale, Adalgiso e Malachia. La cosa prosegue, in un'atmosfera sensuale, ma non volgare, fino all'arrivo del vescovo ed oltre, tra strapazzamenti, pentimenti, cilecche (proprio in quel senso) e così via, passando per una baldoria carnascialesca assolutamente appropriata e centrale al racconto. Ed è scontato immaginare che non finirà com'è iniziata. O forse sì? Nulla è in fondo più conservatore dell'amore tra un uomo e una donna.
Non conoscevo la prosa di Enzo Randazzo, e devo dire, a giudicare da questo "Don Adalgiso e Fantasima Saracina", che la resa della parola nella pagina è ottima, vi si trovano tracce di una raffinata cultura, ed a volte attenzione nel disegno di alcuni personaggi, come in particolare Adalgiso, il prete che disdegna la mediocrità (come biasimarlo?) ed aspira all'illusione dell'immortalità, ed il combattivo, ma anche comprensivo (o forse tirato per la collottola), monsignor Petrone, tornato di Terrasanta.
Questo è il bene della storia: la ricchezza delle descrizioni delle chiese e degli ambienti, dei carri allegorici, del paese immerso nel sole, o nel temporale (che in modo molto ottocentesco, prelude ad un'eventuale, o solo rimandata, svolta del dramma), lo stile sempre forbito, anche se all'occorrenza sanguigno, ha motivi di fascino in più di un'occasione: e vedere la rovina della Chiesa attraverso il suo cuore, che ha pareti di fichidindia marce, come dice appunto Adalgiso, ha un accento profetico che non si trova in molti romanzi odierni, ad essere onesti.
Il problema è però: perché l'autore ci racconta questo? Che cosa ci vuole indicare? Che il celibato ecclesiastico sia un'istituzione destinata a sparire, o meglio a diventare opzionale, non ho, anche da credente, troppi dubbi, anche se non credo che sarà l'arrivo delle fantasime ad accelerare la cosa (scherzo naturalmente). Ma non credo che alla fin fine sia questo il cuore del discorso dell'autore: penso, anzi forse temo, che il romanzo si sia costruito quasi per accumulazione, e un po' per forza propria. Me lo dice una certa qual riluttanza a dare delle personalità alle donne (sia pure fantasime, ma anche la giovane perpetua Crocifissa non è da meno, almeno in pectore) che prescindano dal fare, offrire, richiedere, o almeno desiderare o promettere sesso. E sono donne sensuali, provocanti, eccitanti, senza soluzione di continuità (anche Liliana, l'avvocato, che ad un certo punto si trova ad implorare il perdono per Don Adalgiso ed il suo sacrestano Onofrio). Perché anche il vescovo, forse, potendo…

Benissimo: forse per la letteratura è marginale fare poco o tanto sesso (o parlarne tanto o poco), ma è funzionale ad un tipo di storia in cui l'atto sessuale è al centro di qualunque discorso, azione, pensiero, ed è descritto con precisione di termini andrologici e ginecologici (anche con fantasia, se vogliamo, perché la ripetitività è sempre in agguato, se non ci si attiene un po' di sentimenti, oltre che agli atti). Nelle parole di Lando Buzzanca (un raro esempio di prefazione entusiasta: ne leggo spesso di dotte, di documentate, di filosofiche, di analitiche, ma poche, come questa, realmente "perse" per il racconto e per l'autore) è una storia moderna (ci mancherebbe) e spregiudicata (ovviamente). Non so, ma se la spregiudicatezza nasce dal fatto che dei sacerdoti si diano da fare a letto, c'è qualcosa come di déjà vu, che l'indubbia abilità e l'eleganza stilistica dell'autore non vale a mascherare. Altra spregiudicatezza, francamente, non ne vedo: siamo sempre a Bacco, tabacco e Venere… (al posto di "uomo", se volete, mettete "prete").
Beh, chiudo qui, perché temo di star diventando bacchettone… O forse è che non ho più l'età di andarmi a leggere le pagine spinte. Comunque, per chi interessa, ce ne sono parecchie.

Recensione di Carlo Santulli